5 ottobre
F come FACCE
Sono salito sul pullmino che riporta a casa i bambini del centro diurno: unico bianco, seduto nell'ultima fila con attaccata Beta, 9 anni. Il suo sguardo segna la ricerca di affetto che la violenza subita non ha certo soddisfatto. Zula, una delle tre assistenti del centro, torna a casa con noi insieme ai suoi due gemelli di tre mesi che si porta addosso: uno attaccato al seno, l'altro legato sulla schiena. Qui la pedagogia della prima infanzia è molto semplice; al minimo pianto la mamma zittisce i bambini “sparandogli” in bocca una tetta... poi quando camminano bene imparano a badare a se stessi senza troppi problemi: i consulenti pagati profumatamente per scrivere su riviste tipo “supermamma moderna” qui non ci sono.
Ognuno dei bambini disabili della Nyumba Ali è atteso da un famigliare, il più delle volte un fratello o sorella maggiore e la “consegna” avviene sulla strada oppure appena dentro il villaggio davanti alle case di mattoni fatti con la terra rossa.
Ci vuole quasi un'ora per finire il giro...vedo gli sguardi di chi mi nota, qualcuno mi dice qualcosa, altri sorridono ai miei sorrisi che devono sembrare davvero l'espressione ebete del bianco fuori posto.
Nel viaggio di ritorno il pullmino smette di essere uno scuolabus e diventa un normale Dala Dala con me seduto davanti, accanto all'autista. La gente comincia a salire ed in breve dietro c'è il tutto esaurito. Rimane una ragazza da caricare, timida nei suoi vestiti occidentali, così mi devo spostare praticamente addosso all'autista per farle posto in prima fila.
Per tutto il resto del viaggio, per evitare di franare addosso alla povera ragazza (che già non mi guardava intimidita dalla mia enorme stazza pallida) ho avuto la leva del cambio sotto il ginocchio destro. Più tardi mentre tornavo da un giro in centro, lungo il viale principale, il pullmino mi ha superato e l'autista ha dato un colpo di clacson salutandomi con molto calore: spero non si faccia strane idee...
Poi le facce della gente che mi guardava girare attorno al mercato o davanti ai negozi della via degli indiani: qui sono tutti mediamente bassi di statura ed un uomo di due metri piuttosto pallido è una vera rarità. Io stavo duro come un palo, alternando sguardi seriosi ad espressioni curiose mentre portavo addosso il peso del mondo occidentale: un groviglio indistinto di grandezza e stupidità.
F come FIORI
Iringa circondata da lievi montagne sassose si presenta al termine della stagione invernale (siamo sotto l'Equatore) secca con toni rossastri di polvere alzata dal vento: l'imminente stagione delle piogge riporterà il verde rigoglioso che noi in Europa non conosciamo (almeno così mi dicono).
La sorpresa di questo periodo, per noi Mzungu, è la Jacaranda, un grande albero con stupendi fiori viola. Il viale centrale è un'esplosione di viola, coi fiori che cadono come una pioggia e fanno viola anche la strada. Riescono persino a nascondere un po' gli orribili silos costruiti dagli inglesi per raccogliere il grano: peccato che la fragilità della rete elettrica non permetta ai montacarichi di salire fino in cima per riempirli...restano lì, enormi e vuoti come tante altre strutture, non solo in Africa.
Per chi non bazzica facebook sto mettendo le foto a questo link, potete vedere Jacarande, silos, altri fiori, bambini, strade, mari, etc...
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