8 ottobre
I come Indescrivibile
Siamo partiti puntualissimi alle 7.02 del mattino in un perfetto quadro da famigliola felice: babbo (Baba) Lucio, mamma (Mama) Bruna...le due fanciulle Agheni (in realtà si scrive Ageni con la G “dura” alla tedesca) e Mage (stessa cosa per la pronuncia) e lo zio imbranato che non può mai mancare. Preso veramente nella parte ho visto caricare sulla macchina (insieme alla carrozzina di Ageni e ai deambulatori di Mage) il classico cestino traforato per il pic nic, mentre mi spiegavano che, appena arrivati sul posto, un Ranger ci avrebbe accompagnato all'interno del Parco.
Accidenti, mi sono detto, finalmente incontrerò Yoghi e Bubu, gli eroi della mia infanzia!
Non nascondo la grande delusione all'arrivo al Ruaha Park, il secondo parco più grande dell'Africa che da Iringa si raggiunge dopo circa 100 km di cui più di 80 di strada sterrata, il Ranger Smith era sostituito da un certo Faraj e di orsi non c'era nemmeno l'ombra. Per questo ho tenuto il muso tutta la giornata e ho giocato in difesa contro questa assurda pretesa di sostituire i falsi miti americani con le reali esperienze africane.
Un'avventura, quindi, indescrivibile su cui si trovano già abbondanti testimonianze con ricchissime documentazioni di fotografi, operatori e narratori competenti e preparati.
Non mi ci metto nemmeno a raccontare le emozioni di stare a due metri da un leone addormentato circondato da sette leonesse di cui una, di guardia, ci teneva d'occhio con fare annoiato, o delle giraffe che attraversano la strada senza rispetto delle zebre (nel senso di strisce pedonali...).
Alle due fedeli lettrici che mi seguono con costanza non dirò nulla dei ballonzolanti facoceri, delle sfuggenti gazzelle, dei pigri ippopotami, degli elefanti per cui non esistono aggettivi e dei Kudu che si trovano solo qui.
Dirò invece delle Jeep del Parco o degli Hotel coi sedili sul tetto (noi, invece, avevamo la normale Toyota della Nyumba Ali) su cui si notavano i classici turisti inglesi in tenuta grigioverde da safari con tanto di cappello a falde larghe verde scuro e macchina fotografica con obbiettivo modello bazooka... oppure gli italiani con vestiti casual firmati e larghi occhiali da sole, o i danesi praticamente in costume da bagno.
Per due volte, poi, incontriamo Philip operatore autorizzato alle riprese nel parco: stile trasandato alla Indiana Jones, sigaretta in bocca (mentre per tutti è proibito fumare nel parco) su una vecchia Land Rover piena di materiale per riprese. Fermo da ore ad aspettare che i leoni si muovessero ci dà alcune dritte per avvicinarci in sicurezza.
Indescrivibile rimane anche il paesaggio: forse non ho le parole per raccontare gli oltre 100 chilometri percorsi dentro il Parco: terra di infinite varietà di colori, rocce bianche e rosate, erbe secche, baobab, acacie, cactus, palme, cespugli intricati. Il verde e l'ombra si fermano attorno al fiume quasi in secca; il resto del Parco invoca le piogge dell'imminente stagione che, si spera, riempirà il fiume come gli altri anni rinverdendo erbe, arbusti ed alberi.
Per farmi capire potrei richiamare le immagini del Re leone che veramente sono state costruite su questi luoghi con gli animali della zona (chi conosceva il facocero prima dell'arrivo di Pumbaa?) ma non voglio ripetere l'errore iniziale di inseguire stereotipi americani. (rileggendo mi accorgo che è impossibile, senza volerlo avevo già citato anche Indiana Jones...e poi, è giusto voler far finta di essere diverso da quello che sono...?).
Vorrei finire qui ma scrivo di mattina e non di notte e ho un po' più di tempo e di mente fresca. Piccoli segni di speranza:
Nel Parco non si trova una cartaccia, una sportina di plastica, una lattina nascosta dietro un albero.
Nel Parco ci si può fermare anche a dormire in un bel centro di ristoro gestito dalle donne del villaggio
Nel Parco i servizi igienici (esperienza diretta) pur con qualche difficoltà sono accessibili ai disabili.
Buona domenica (juma pili njema)
1 commento:
Quando io ho visto il parco era febbraio; la pioggia c'era già stata ed era tutto verde. Dicevano che sarebbe stato più difficile vedere gli animali, ma in realtà credo che abbiamo visto quasi tutte le specie.
Ricordo in particolare un gigantesco elefante che si aggirava sereno nei dintorni dell'edificio in cui abbiamo dormito, vicino al fiume. La visita nottura di un rinosceronte (mi hanno detto, perché io dormivo), e re leone, mollemente disteso a contemplare la sua regalità.
E poi sì, anch'io ricordo i gabinetti, desideratissimi al momento dell'arrivo...
Posta un commento