15 ottobre 2011

AbeceDIARIO africano: lettera Q

14 ottobre

Q come QUINDICI

Da quindici giorni sono partito dall'Italia e potrei anche tentare un primo bilancio di questa esperienza africana. Non credo di volerlo fare: non so se e quando arriverò tracciare una riga sotto cui sotto cui riportare somme e conclusioni.

Sono convinto che è molto importante tenere sempre aperta la porta della raccolta di stimoli e la finestra della riflessione, è pericoloso, invece, avvicinarsi al lucchetto delle etichette. Non ritengo di andare oltre le reazioni a caldo, che mi piace registrare su questo diario alfabetico.

Spesso la necessità di arrivare rapidamente alle conclusioni (forse uno dei limiti del mio modo di vivere attuale, nella vita “normale”) toglie occasioni di approfondimento e di ulteriore conoscenza. Vivo così tra giudizi affrettati che confermano i “pregiudizi” (che, in quanto tali non si basano su nulla), e tensioni inutili causate dalla mancanza di dialogo.

Qui tutto va “pole pole” ed è certamente un grande limite, ma potrebbe anche essere una formidabile opportunità o, come nel mio caso attuale, una specie di privilegio inatteso.

Non è tempo di bilanci e non so quando lo sarà, per adesso mi accontento solo dei lanci o degli slanci o, magari, dei rilanci...per non parlare degli agganci come quello di oggi con la gente del villaggio di Mlolo.

Approfittando della festa (purtroppo solo per Nyerere, dall'Italia arrivano notizie di segno “radicalmente” apposto) siamo andati a trovare la nonna di Ageni nel villaggio dove la ragazza è cresciuta (appunto Mlolo). E' meglio approfittare della stagione secca: quando arriveranno le piogge la strada sarà un fiume in cui anche i fuoristrada faranno fatica..

Gli uomini non si sa dove siano, le donne sono nei campi resi fertili dal vicino fiume portando legati sulla schiena i piccoli, gli altri bambini in grado di camminare sono sparsi a gruppi nel circondario. Attenzione: questo succede solo oggi che la scuola è chiusa...uno dei punti cardine della riforma di Nyerere è stato proprio quello di dotare ogni villaggio di una scuola elementare che anche qui, fra le case di terra rossastra, si presenta lungo la strada con edifici ad un piano in mattoni. Il problema poi è che tante scuole andrebbero dovuto esser riempite di maestri almeno alfabetizzati, capaci di usare i libri oltre al bastone.

La nonna di Ageni, Maurizia, è una donna indubbiamente molto allegra, la stessa allegria che l'ha resa inaffidabile nella gestione di una famiglia. Nonostante ciò è inserita nel villaggio che le consente di trovare soluzioni quando i pochi soldi che riceve si liquefano, letteralmente, sotto forma di birra (a proposito: le birre della Tanzania sono veramente invitanti...se avessi le valigie vuote al ritorno ne porterei a casa qualche bottiglia piena).

In un attimo sono apparse altre donne, bambini, ragazze, un'altra donna apparentemente millenaria e, alla fine, anche un paio di uomini. C'era da salutare Ageni e da accogliere ospiti.

Bello toccare con mano il senso profondo di ospitalità di questa gente: era evidente che nonna Maurizia (che avrà pochi anni più di me) non poteva ospitarci a mangiare da lei, ma con un rapido giro tra le galline del cortile ha raccolto sei uova che ci ha regalato (uno per ognuno di noi: Bruna, Lucio, Patrizio, Ageni, Mage, Viky...l'allegra famigliola in gita).

Ora nella memoria di questa giornata c'è spazio per quell'uovo, accanto alla camminata fra i campi, gli immancabili giochi coi bambini, il colore rosso delle case fatte con mattoni di terra cotta, i canti inventati e i balli improbabili dove le mie scarpe numero 49 sbattevano sulla terra alzando tanta polvere quanto i piedi nudi degli altri partecipanti.

Nella taccuino del mio intimo dove conservo le tracce di questa giornata c'è anche posto per le crisi epilettiche (per fortuna lievi) di Viky, il pollo con patatine nel piccolo ristorante fuori città e la serata casalinga in cui per accontentare la passione per il musical di Ageni abbiamo proiettato sul muro Jesus Christ Superstar. Io avevo preparato la visione cantando con la mia famosa voce da basso il brano di Caifa “...we need a more permanent solution to our problem...”: ripensandoci adesso mi sembra una frase, fuori dal contesto, molto importante: quando troveremo una soluzione ai nostri problemi?

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