27 ottobre 2023

Il Foglietto in tasca n. 51

La Pace anche oggi (come sempre?) è una bandiera scolorita e strappata: siamo capaci di rammendarla?
Come mai ci sono ancora guerre benedette dalle religioni?
Il Dio dei cristiani, degli ebrei, dei musulmani certamente non è contento di essere tirato in ballo per coprire gli interessi di pochi a  scapito della vita di molti.

Il "Foglietto in tasca" n. 51 si può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio e qui di seguito: tempo richiesto 72 secondi.

Così dice il Signore: «Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto»

Questa frase verrà proclamata nella messa del 29 ottobre: l’ho letta a voce alta e qualcuno della mia famiglia ha esclamato:“Bisognerebbe che tutti i cristiani se lo tatuassero sul braccio!”.

Insieme, poi, abbiamo convenuto che, essendo un brano dell’Esodo, dovrebbe essere tenuto in grande considerazione anche da parte degli ebrei.

Ho chiesto al mio amico Hassan e lui mi ha inviato una frase presa dalla Sura "la tavola imbandita" del Corano: “Se alzerai la mano contro di me per uccidermi, io non l’alzerò su di te: io temo Allah, il Signore dei mondi.”

Perchè cristiani, ebrei e musulmani non hanno mai ripudiato definitivamente la violenza dalla loro prassi istituzionale?

Quando è stato che abbiamo perso di vista i valori profondi della fede che dovrebbe esaltare le aspirazioni positive e non incanalarle in furori ideologici?

Sono domande che mi inquietano e mettono a dura prova la mia innata fiducia nell’uomo.

Prima di finire questo “Foglietto” ho passato una giornata al KrasnoPark, di fronte a casa mia. Con semplicità abbiamo allestito un mercatino di libero scambio con persone di tutte le età e provenienze: lo scambio non riguardava solo gli oggetti ma anche le storie, i desideri, i giochi della vita. Insieme ci siamo fermati davanti alle bandiere della pace che da quasi due anni sono esposte: sono scolorite e una ha un vistoso taglio centrale. Mentre cantavamo una canzone il nostro amico Samuele ha preso ago e filo e ha rammendato la bandiera lacerata. Non era solo un gesto simbolico: quel rammendo può indicare la strada di un impegno concreto alla portata di tutti. È ancora il momento di rimettersi in ricerca per “restare umani”.



22 ottobre 2023

Il Foglietto in tasca n.50

Come se fossi un cittadino di Tessalonica ricevo le provocazioni scritte da Paolo, Silvano e Timòteo: mi sento a disagio. La strada che intravedo è coltivare le relazioni che mi legano a persone significative che mi aiutano a essere sempre in ricerca nella realtà in cui vivo. 
Un minuto di lettura del Foglietto in tasca n.50  su  La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

"Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere e tenendo continuamente presenti l’operosità della vostra fede, la fatica della vostra carità e la fermezza della vostra speranza nel Signore nostro Gesù Cristo, davanti a Dio e Padre nostro."

Sul foglietto numero 50 San Paolo continua a provocarmi, soprattutto con le definizioni che usa per descrivere la vita dei fedeli di Tessalonica: fede operosa, carità faticosa, speranza ferma. Si ribalta il mio modo di vivere in cui vorrei che la fede fosse ferma, la carità operosa, mentre la speranza mi risulta faticosa. Sembrano piccoli dettagli di forma ma in realtà si tratta di segnali che indicano una direzione significativa. Soprattutto vivere la fede operosa toglie il velo a ogni visione intimistica del rapporto con Dio: sembra quasi che Paolo citi la lettera di Giacomo "Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa"

Se davvero avessi una fede operosa probabilmente la speranza sarebbe più ferma e sicuramente la carità, che richiede fatica, si potrebbe mettere davvero al servizio della crescita della dignità umana e comunitaria.

Invece vivo una fede "di testa", col freno a mano tirato, alla ricerca di una consapevolezza che non sfocia nell'abbandono fra le braccia di un Dio.

La strada che intravedo è coltivare le relazioni che mi legano a persone significative che mi aiutano a essere sempre in ricerca nella realtà in cui vivo. Anche Paolo scriveva ad una comunità e lo faceva insieme a Silvano e Timòteo: chi sono io per voler fare da solo?


14 ottobre 2023

Il Foglietto in tasca n.49

2.700 anni dopo la profezia di Isaia le nazioni sono ancora accecate da interessi che scatenano guerre in cui, come sempre, muoiono persone che nulla hanno a che fare con gli obiettivi di chi le manda al massacro. E' possibile avere ancora speranza? I giovani possono essere maestri di speranza...
Piccole riflessioni che condivido sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio leggibili anche qui di seguito.

"Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre distesa su tutte le nazioni."

Sono passati più di 2700 anni da quando Isaia ha scritto questa frase, 19 mesi dall’inizio della guerra in Ucraina e pochi giorni dalla ripresa della strage tra Israele e Palestina. Ancora, con Francesco Guccini, "Io chiedo quando sarà che l'uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare": velo e coltre sono ancora presenti su popoli e nazioni.

Nell’ambito della settimana di iniziative “Il diritto di non uccidere”, abbiamo organizzato laboratori sui temi della nonviolenza e dell’obiezione di coscienza con 50 ragazzi e ragazze impegnati nel Servizio Civile. Partendo dalla loro esperienza e dalle loro riflessioni abbiamo conosciuto le vicende del movimento nonviolento italiano (e ferrarese) che ha portato alla legge sull’obiezione di coscienza, fino a “sbattere” contro la realtà dei giorni nostri in cui tanti obiettori di coscienza Ucraini, Russi e Bielorussi stringono amicizia fra di loro e vengono perseguitati pesantemente dai loro governi. Yurii, Katya, Olga, Vitali, Darya, Nastya e Misha sono diventati amici a cui scrivere lettere personali che saranno consegnate ai destinatari. Ne sono usciti testi ricchi di consapevolezza che bisogna cambiare modo di agire. Rileggendole ho capito che si può realizzare la profezia di Isaia se smettiamo di dividerci fra popoli e nazioni, se abbattiamo interessi e divisioni in nome della comune appartenenza all’umanità. I giovani mi insegnano che non è un’utopia ma una vera speranza.

 

9 ottobre 2023

Il Foglietto in Tasca n. 48


Ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode dovrebbero essere oggetto dei miei (e nostri?) pensieri. Cosa significa? Come fare? 
Alcune riflessioni e domande pubblicate questa settimana nel "Foglietto in tasca n.48 su 
La Voce di Ferrara-Comacchio  e leggibili qui di seguito.

"In conclusione, fratelli, quello che è vero, quello che è nobile, quello che è giusto, quello che è puro, quello che è amabile, quello che è onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode, questo sia oggetto dei vostri pensieri."

Come hanno fatto i Filippesi a leggere la bellissima lettera inviata a loro da Paolo? Da inesperto mescolo immagini di film, quadri e ricordi e li frullo nella mia testa: immagino i cristiani radunati (forse di nascosto) e uno di loro che legge a voce alta il testo. Forse dopo la lettura qualcuno ha spiegato meglio alcuni passaggi: alla fine assomiglia alla lettura con omelia della Messa.

Non credo che i fedeli siano stati coinvolti in ulteriori approfondimenti e, non avendo il testo scritto, molte suggestioni saranno rimaste a metà strada tra cuore e cervello.

Io sono fortunato e posso rileggere, ruminare, far sedimentare: ci cammino insieme. A volte invento musiche per poterci cantare sopra (nulla che meriti di essere ascoltato da altri). Così ho messo in fila: vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, ciò che è virtù e ciò che merita lode. Provo a fare in modo che sia "oggetto dei miei pensieri".

A prima vista è evidente che ogni parola, oggi, non ha un significato univoco e indiscusso: tutto è opinabile in un inconcludente dibattito "da social" che ormai sembra invadere ogni comunicazione. Una via d'uscita la intuisco nella parola "fratelli": vorrei concretizzarla in incontri fisici, onesti, sinceri, affettuosi per dare un senso condiviso all' elenco di Paolo. Gli esperti lo chiamano "discernimento". 

 

2 ottobre 2023

Il Foglietto in tasca n.47

C'è bisogno di umiltà: lo dice San Paolo e mi sembra una buona proposta: ma come si fa ad approfondire la questione? La definizione di umiltà è poco comprensibile e le persone umili, se sono davvero umili, sono disponibili a spiegare cos'è l'umiltà?
Ho un po' di confusione in testa e la condivido nel "Foglietto in Tasca n. 47" su La Voce di Ferrara-Comacchio : di seguito il testo.

 “Non fate nulla per rivalità o vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso.”

Paolo, nella lettera ai Filippesi, scrive questa frase poco prima del bellissimo inno che comincia con “Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù”.

Sono un po’ frastornato: davvero la proposta che ci avvicina ai sentimenti di Gesù è quella di considerare gli altri superiori? Io non ce la faccio: non per l’alta considerazione che ho di me (che pure è notevole) ma per l’esperienza quotidiana dei limiti altrui.

Mi serve l’umiltà, che significa? La Treccani la definisce “Sentimento e conseguente comportamento improntato alla consapevolezza dei propri limiti e al distacco da ogni forma di orgoglio e sicurezza eccessivi di sé”. Devo, perciò, guardare dentro me stesso per individuare i miei limiti ma anche riuscire a vedermi da fuori per sperimentare un sano distacco. In più devo essere sincero: Pascal in una sua massima ha scritto “Una falsa umiltà è puro orgoglio”. Un mio amico prete di Reggio Emilia nel suo dialetto diceva “non far mica l’umile” richiamando la stessa idea di Pascal ma anche l’importanza di essere consapevoli dei doni ricevuti.

Insomma, ho un po’ di confusione in testa: in tutta umiltà confesso di avere bisogno di un approfondimento dell’umiltà. Qualcuno conosce chi potrebbe fare un corso, un seminario, un master sull’umiltà? Oppure chi è veramente esperto e pratico di umiltà, conoscendo i suoi limiti, si guarda bene dal farne argomento di confronto per non incorrere nella vanagloria? Aiuto!