25 novembre 2022

Il Foglietto in tasca n.13


Squarci di speranza: anche l'inverno che sta arrivando può essere una primavera: forse Isaia, oggi, abita vicino a casa mia. Canti, suoni, luci odori nel "Foglietto in Tasca n.13" su  La Voce di Ferrara-Comacchio di questa settimana.
Il testo è qui di seguito.

Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra.”

Chiudo un attimo gli occhi per immaginare la scena descritta da Isaia: sono davvero dentro a un popolo che esulta, un po' come nei filmati dei festeggiamenti al termine della seconda guerra mondiale. Sento suoni di canti popolari accompagnati da urla di gioia con un sottofondo incredibile di migliaia di campanelli da bicicletta. Questa immersione ad occhi chiusi si prolunga al punto che riesco a sentire gli odori della pace ritrovata: sono quelli delle lenzuola stese al sole primaverile, quando un vento delicato diffonde la certezza olfattiva del buono della pulizia naturale. Ecco, Isaia descrive la pulizia naturale del mondo riappacificato: lo assaporo tra la nostalgia e la speranza. 
Forse è solo suggestione ma mi viene da piangere.
Gli occhi umidi si riaprono. È il momento di tornare alla realtà: è ora di fare pulizia in casa spalancando le finestre per cambiare aria. Il fresco della mattina è mitigato da un pallido sole. Mi affaccio e, in quel momento, passa in bici una persona che conosco a malapena e mi fa un cenno di saluto sottolineato dal suono del campanello. In lontananza si sentono i bambini della scuola elementare in cortile per l'intervallo: corrono, giocano, ballano, cantano, urlano. Sorrido, mentre sollevo il cesto delle lenzuola appena lavate e ci sprofondo dentro il viso: sono qui.


18 novembre 2022

Il Foglietto in tasca n.12



Momenti di vita tra musica, gesti e balli, per condividere la gioia a tutte le latitudini e le età.
Il Foglietto in tasca n.12 su La Voce di Ferrara-Comacchio di questa settimana e, di seguito, qui.

Quale gioia, quando mi dissero: «Andremo alla casa del Signore!».

Mi piace quando alla messa domenicale c'è un salmo che conosco a memoria perché l'ho già imparato come un normale canto.
Questa domenica è così: mi è capitato centinaia di volte di cantare "Quale gioia mi dissero: andremo alla-a-casa del Si-i-gnore". Spero che il gruppo liturgico della mia parrocchia lo proponga: l'assemblea darà il meglio di sé seguendo il testo proiettato sul muro. Senza foglietti fra le mani è, come sempre, semplice e spontaneo accompagnare col battito di mani il ritmo proposto dalle ragazze che, con dedizione e passione, suonano chitarre e cembalo. Secondo me è un modo per vivere oggi quello che succedeva coi Salmi ai tempi di Davide.

C'è bisogno di gioia nelle nostre celebrazioni e la musica può aiutare: non si tratta di esibizioni o di legittimare la confusione ma di sperimentare e promuovere forme di partecipazione piena.
Ricordo le messe nella missione del villaggio di Mgongo in Tanzania: la gioia della fisicità di canti e balli che accompagnano il rito è una catechesi coinvolgente da cui è naturale farsi coinvolgere.

I bambini (anche secondo il salmo 8) sono i testimoni naturali della volontà di partecipare col corpo e con la voce: meritano di essere aiutati a sprigionare le loro energie e non compressi o mal sopportati.

Anche l'esperienza che ho vissuto recentemente con gli adultissimi di Azione Cattolica conferma che a tutte le età è possibile usare musica e corpo per comunicare la gioia dell'incontro col Signore e fra di noi.


13 novembre 2022

Il Foglietto in tasca n.11


Malachìa, un messaggero con diverse sfaccettature, stimola ricordi e riflessioni e porta ad una scoperta che diventa una domanda (anzi, due): "Chi  taglia a metà i versetti delle letture domenicali?  Con quale criterio?

Chi non ha occasione di leggere La Voce di Ferrara-Comacchio può trovare qui di seguito il testo.

Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia (e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla.)

Questa settimana leggendo il nome del profeta Malachia mi è venuto in mente il gatto che, nei fumetti Disney, passa da Paperino a Paperoga: un gatto paziente che ogni tanto sbotta per le angherie che deve subire.

Forse anche il profeta omonimo reagiva a situazioni poco simpatiche: era già predisposto di suo ad annunciare sventure (“sta per venire il giorno rovente come un forno”) e “Il Signore degli Eserciti” gli ha chiesto di mettersi al suo servizio. Per questo la profezia si chiude con un annuncio di speranza, coi raggi benefici del sole di giustizia che sorgerà.

In questo periodo, però, stimolato dall’impegno settimanale con “La Voce” cerco di approfondire un po’ per non fermarmi solo al livello emotivo. Così ho scoperto che Malachia è un nome simbolico: significa "il mio messaggero" e non individua una persona precisa.

Poi ho scoperto che al versetto finale è stata tolta questa frase: “e voi uscirete saltellanti come vitelli dalla stalla.” La trovo molto efficace e mi dispiace che sia stata tagliata dalla lettura domenicale. Mi fa sentire più vicino Malachia e mi comunica l’energia, la gioia, l’entusiasmo di chi finalmente esce da spazi ristretti e può liberare il proprio corpo nella festa. È l’immagine della fine della guerra, della pandemia, dell’oppressione...la speranza di un futuro di cui anch’io (come Malachia) sento la mancanza.


5 novembre 2022

Il Foglietto in tasca n.10


Questa settimana il Foglietto in tasca raggiunge la doppia cifra. Sulle orme del Salmo 16 vado alla ricerca di appuntamenti regolari che dal risveglio mi accompagnino per tutta la giornata: non è facile...

Pubblicato su La Voce di Ferrara-Comacchio si può leggere integralmente qui di seguito.

"Al risveglio mi sazierò della tua immagine."

Anch’io, come l’autore del Salmo 16, ogni tanto rinnovo il proposito di darmi una regola per mantenere un rapporto costante con Dio nella vita quotidiana.

Se avessi tenuto tutti i foglietti in cui ho scritto obiettivi e impegni di vita spirituale avrei certamente riempito una scatola da scarpe delle mie: considerato che porto il n.48 non si tratta di una piccola quantità.

Fra le esperienze più recenti, però, una funziona meglio delle altre: iniziare la giornata con la Messa. 

Grazie ai ritiri spirituali proposti a settembre ho ri-scoperto la Messa delle 7,30 dalle Clarisse: mi alzo in fretta, prendo la bici, entro trafelato nella piccola chiesa e provo ad affidarmi a Dio.
La Messa dura mezz’ora e quando andavo a lavorare facevo in tempo a raggiungere l’ufficio: ora che sono un pensionato mi fermo un po’ di più a seconda degli impegni che mi aspettano.
Provo a saziarmi dell’immagine di Dio al risveglio: la vedo nelle persone presenti in Chiesa, nei sacerdoti che si alternano, nelle sorelle che dal loro “angolo” fanno traboccare il grande dono che sono per noi. Mi appare un terreno fertile per accogliere l’Eucaristia e provo a trovare qualche frutto da raccogliere e portare con me durante la giornata.

Prevedo che forse non durerà, che coi primi freddi calerà l’entusiasmo, che l’abitudine renderà tutto meno interessante: lo so ma so che se io sono fragile e incostante “il Signore è fedele” come conferma, questa settimana, San Paolo.