26 dicembre 2025

#passa_Parola n.58

La Voce di Ferrara-Comacchio prima del meritato riposo natalizio (tornerà il 16 gennaio) pubblica un testo che in tanti aspettavamo: la giusta interpretazione del brano della lettera di Paolo ai Colossesi    “Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza.”

Si può leggere, oltre che nella rubrica #passa_Parola, qui di seguito.

Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza.”

Questo passaggio della lettera di Paolo ai Colossesi è da sempre fonte di dibattiti che a volte rischiano di degenerare in litigi.

Cercavo una chiave di lettura per far sì che questa Parola passasse veramente attraverso la mia vita, ma non ne trovavo nessuna. Poi è successo che ho fatto un viaggio lampo a Roma: così sono andato sotto la statua di Paolo in Piazza San Pietro e mi sono rivolto direttamente a lui: “Non sei stanco di tenere in mano quella spada? Sarebbe ora di dire che la spada non ha mai convertito nessuno, nemmeno ai tuoi tempi se la brandivi tu? Poi, già che ci sei, spiegami una volta per tutte quella storia delle mogli sottomesse ai mariti...e comunque ricordati che ti voglio bene!”

La notte stessa mi è apparso in sogno. Aveva in mano un pezzo di stoffa che stava rammendando e mi ha detto: “Grazie, ti voglio bene anch’io. Hai ragione, mi piacerebbe che invece della spada mi venisse riconosciuto come simbolo il filo che rammenda. È stato Gesù a dire di riporre la spada: valeva nel Getsemani e vale per sempre.

La lettera ai Colossesi la dettavo a Timoteo. La frase era “Voi mogli siate una cosa sola coi vostri mariti, come c’è scritto nella Genesi” e lo stesso dicevo ai mariti.

C’era un po’ di rumore di telai, si vede che c'è stato qualche fraintendimento: quando la lettera è partita non ho più potuto correggerla. Adesso che lo sai ti autorizzo a farlo sapere in giro.”

Io ci provo.

 

20 dicembre 2025

#passa_Parola n.57

Il desiderio  di avere mani innocenti e cuore puro e di individuare gli idoli che distraggono dalla verità mi aiutano ad avvicinarmi a questo Natale.
Sarà un "Natale di  ripartenza"?
Lo auguro a me e a tutti nella fiducia che è possibile salire il monte del Signore:
l'esempio di Francesco "Checco" Molinaro lo dimostra.
#passa_Parola n.57 si legge sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio che precede il Natale e anche qui di seguito. 

Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?

Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli.”

Nella domenica che precede il Natale ogni pensiero si colora di fiducia: Dio è in mezzo a noi. La sua onnipotenza si è fatta vicina nella fragilità di un bambino, nella realtà concreta della sua crescita, nel suo cammino fra gli uomini e le donne fino alla morte in croce e alla resurrezione. Mettere in fila queste parole è facile, può sembrare una formula imparata a memoria: le rileggo e mi rendo conto di quanta strada devo ancora fare per crederci davvero e, soprattutto, per allineare la mia vita a quello che dichiaro.

Il salmo 23 che proclameremo insieme nelle Messe del 21 dicembre, aiuta a fare un passo avanti evidenziando che la vicinanza al Signore si ottiene con mani innocenti e cuore puro, senza rivolgersi agli idoli.

Dedicherò qualche minuto a segnare su un foglietto quali sono gli idoli che mi attirano: è un esercizio, anche questo, apparentemente semplice ma l’ultima volta che l’ho fatto mi ha riservato diverse sorprese.

Per le mani innocenti e il cuore puro, invece, cerco di accogliere le esperienze quotidiane che mi propongono testimoni veri. Uno speciale l’abbiamo salutato qualche giorno fa: Checco Molinaro. Amava far fatica in montagna, ma la sua vita accanto agli ultimi è la funivia che lo ha fatto salire immediatamente in cima al monte del Signore.

Insieme a lui festeggio il “Natale di ripartenza" che auguro a ogni persona che legge queste righe.

 

12 dicembre 2025

#passa_Parola n. 56

La lettera di Giacomo propone un atteggiamento importante nella vita di ogni uomo: la costanza. Prendendo spunto dall'esperienza dell'agricoltore c'è un insegnamento anche per noi, gente del terzo millennio.
Mentre scrivevo mi è venuto uno slancio di assonanze: non ho resistito e ho scritto questa frase "Nella sostanza della costanza so che costa sostare in quella stanza, ma la conoscenza dell’amore diventa l’urgenza della presenza, della presa di coscienza: dell’impegno, di cui non puoi fare senza.".
Spero che i miei lettori mi perdoneranno compreso quello che qualche giorno fa mi ha detto che a volte fa fatica a capire quello che scrivo...

#passa_Parola n. 56 si può leggere sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.”

San Giacomo, con un esempio efficace e diretto aiuta a fare passi avanti nel cammino verso il Natale. Siamo nella vita concreta, nella fatica dei campi, duemila anni fa come oggi: fatica che richiede rispetto della natura, dei tempi giusti per l’uomo e per l’ambiente.

C’è, poi, il ripetuto richiamo alla costanza che si presenta come una vera e propria provocazione. Nella società del “tutto e subito”, incentrata sull’appagamento immediato delle pulsioni individuali, che valore ha la costanza? “La goccia che fa traboccare il vaso” è senz’altro più di moda rispetto a “Gutta cavat lapidem” (lo scrivo in latino apposta per stimolare la costanza nel mantenere l’attenzione di chi legge queste righe).

Andare avanti nonostante le delusioni, “tenere botta", rialzarsi, riannodare i fili di relazioni interrotte sono ancora atti rivoluzionari che distinguono gli uomini di buona volontà. Credenti o no sono quelli di cui parla l’inizio del Gloria: uomini e donne che giustamente, ora vengono definiti “amati dal Signore".

Nella sostanza della costanza so che costa sostare in quella stanza, ma la conoscenza dell’amore diventa l’urgenza della presenza, della presa di coscienza: dell’impegno, di cui non puoi fare senza.

Chi vuole può ascoltare “Goccia dopo goccia” scoprendo la profondità di alcuni canti dello “Zecchino d’oro”.

 

3 dicembre 2025

#passa_Parola n. 55

Tra virgulti, tronchi, germogli  e rami: attraverso Isaia la natura propone stimoli e riflessioni.
Qualcosa di nuovo cresce nonostante l'incuria dell'uomo: sono capace di accorgermene?
Chi posso prendere come esempio?
La Voce di Ferrara-Comacchio nella seconda settimana di Avvento pubblica #passa_Parola n. 55: il testo integrale si può leggere anche qui.


In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.”

Quel giorno di cui parla Isaia è oggi, è il tempo che ci è donato: quello in cui aprire gli occhi, le orecchie, il cuore per accogliere il virgulto che sta spuntando dalle radici della nostra storia.

Il virgulto è un germoglio, una pianta giovane, un ramo sottile che si protende verso il cielo: è quello che vedo nel cortile del palazzo di periferia in cui abito. Spuntato dai resti di un albero malato che è stato abbattuto, ha la forza e l'imprevedibilità della vita che esplode nonostante l’incuria dell'uomo.

Io stesso sono già un albero con qualche anno sotto la corteccia e mi chiedo se favorisco la crescita di nuovi virgulti o se, invece, con la mia presenza ingombrante, soffoco ogni novità che mi spunta intorno. Non so dare una risposta se non provare ad affidarmi a Dio chiedendo la forza e la fiducia per vedere, accogliere e accompagnare ciò che di nuovo sta nascendo.

Cerco, perciò, chi mi può essere di esempio: i testimoni veri con cui ho avuto la fortuna di fare un po’ di strada. Penso a Luisa, la mamma di Laura Vincenzi che da poco si è ricongiunta con sua figlia in Paradiso: l’ho conosciuta come un concentrato di forza e mitezza capace tenere insieme, nella gioia e nella sofferenza, tante persone dentro e fuori dalla sua famiglia. Donne e uomini come lei rappresentano il tronco su cui tanti virgulti prendono forza: la santità nella concretezza della vita quotidiana che, senza proclami, dà vita a giovani piante che sanno innalzarsi oltre le nuvole.


29 novembre 2025

#passa_Parola n.54

Inizia l'Avvento e io mi sento un “avventizio”, quello che, in un posto di lavoro, è in prova e cerca di imparare dai più esperti.
Una consapevolezza da approfondire per essere sempre più pronto a rinnovare l'esperienza della vita quotidiana.
Gli abituali millecinquecento caratteri scritti sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  si possono leggere anche qui di seguito.

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.”

Inizia l’Avvento e l’invito di San Paolo a svegliarsi è quanto mai opportuno. Svegliarsi è un po’ come rinascere, desiderosi di mettersi in gioco con un’attenzione e un entusiasmo che il sonno non consente..

Siamo in Avvento e mi sento un “avventizio”, quello che, in un posto di lavoro, è in prova e cerca di imparare dai più esperti. Anche il dizionario Treccani online, fra tanto significati tecnici, indica avventizio come “instabile, incerto, provvisorio”. Essere avventizio, perciò, è stare pienamente nella dinamica di ricerca che, secondo me, descrive la vita quotidiana di chi prova a camminare accanto a Gesù.

Ma non c’è solo la precarietà: avventizie sono anche “gemme che non si formano nelle sedi normali della pianta (ascelle delle foglie o apice dei rami) ma si originano, anche casualmente, in altre sedi della pianta.”

Ecco come vorrei vivere questo Avvento del 2025: sveglio dal sonno, consapevole del momento e dei miei limiti e, contemporaneamente, capace di sorprendermi per le gemme che ritrovo in luoghi inattesi. Il tutto con la consapevolezza di non vagare invano perché è l’Avvento di un tempo nuovo che è già qui e, contemporaneamente, mi chiama in causa per realizzarsi nella sua pienezza. Non è una speranza: è la certezza che “la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”.

22 novembre 2025

#passa_Parola n. 53


Buon Anno (liturgico) Nuovo! 
Auguri sinceri di vero rinnovamento a tutte le persone che passeranno da queste parti.
La Voce di Ferrara-Comacchio pubblica #passa_Parola anche in questa settimana, quella in cui finisce l'anno liturgico.
E' un momento da festeggiare: come in ogni capodanno la fine coincide con l'inizio.

Il Buon Anno nasce pensando a persone che conosco (forse della mia parrocchia?) ma si allarga a tutte quelle, credenti e non, che cercano di "pacificare e riconciliare tutte le cose".

Ecco il testo integrale.

È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.”
Nella Chiesa è capodanno: con la domenica “di Cristo Re” finisce l’anno liturgico. Mi aspetto un bel clima di festa prima, durante e dopo la messa domenicale: voglio ricordarmi di salutare le persone augurando loro un vero “Buon Anno!”
Buon Anno alla signora che arriva spingendo il suo carrellino. La vedo in giro per il quartiere a curare varie piante negli spazi pubblici. Strappa le erbacce e regala sorrisi: spero di raggiungerla prima che riparta verso casa.
Buon anno alla famiglia originaria del Camerun che occupa un banco in chiesa: i bambini faticano a stare fermi, durante i canti si vede che avrebbero voglia di ballare. Mi piacerebbe che potessero scatenarsi: le cose della terra e quelle dei cieli sono state riappacificate, ci sarebbe da ballare finché le gambe reggono.
Buon anno alle ragazze che suonano la chitarra e guidano i cori: fanno un servizio prezioso tra accordi della chitarra e accordi presi fra di loro. Finito l'ultimo canto farò partire un applauso sperando che tutta la comunità mi segua: è la fine dell’anno, bisogna festeggiare.
Infine andrò ad abbracciare il mio amico che ogni tanto perde la bussola e si comporta in un modo imprevedibile: vorrei che il nuovo anno gli portasse la serenità di cui ha bisogno, la tenerezza di sentirsi accolto ed amato senza dover dimostrare nulla.

15 novembre 2025

#passa_Parola n.52


Il salmo 97, che viene proclamato domenica 16 novembre, è un crescendo di immagini e suoni da cui è bello lasciarsi trascinare. La natura stessa crea una sinfonia di festa che invita tutti a partecipare: anche noi che leggiamo queste righe migliaia di anni dopo.
Il testo pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio si può leggere qui di seguito

Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti.

I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra. 
Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.”

Il salmo 97, che verrà proclamato nelle messe di domenica 16 novembre, è come una sinfonia: immagino di ascoltarlo a occhi chiusi gustando le parole, i suoni che vengono evocati e le immagini che li accompagnano. C’è un’armonia divina che si rivela nella natura.

Che il mare risuoni è abbastanza normale, è più difficile che lo faccia anche ciò che nel mare è racchiuso: mi immagino adunate di creature marine che cantano e ballano dimostrando che le fantasie dei cartoni animati sono credibili e reali.

Anche il mondo e i suoi abitanti si fermano da ogni attività (soprattutto dalle guerre e dalle violenze) e cantano ognuno la nota che sgorga dalla propria anima. Le infinite note si uniscono a formare l’accordo armonico perfetto: probabilmente è lo stesso che si è sentito al momento della creazione (o del Big Bang).

Lo spettacolo più incredibile è quello dei fiumi che scoprono di avere le mani e di poterle battere per esultare: insieme a loro le montagne si mettono a ballare, proprio come i bambini davanti all’altare nelle messe che ho vissuto in Africa.

Pregusto la festa infinita della giustizia, della pace, degli uomini abbracciati dalla natura in un dono reciproco di senso e di fratellanza accolto da Dio.
Tengo i piedi ben saldi per terra: ho appena imparato a volare.

 

11 novembre 2025

#passa_Parola n.51

La  prima lettura ed il salmo (n.45) di questa settimana parlano dell'acqua che esce dal tempio e dona vita ovunque passa. 
Sembra impossibile ma ancora ai giorni nostri l'acqua  non è un bene disponibile per tutti: forse noi, nati dalla parte "comoda" del monto, non ce ne rendiamo conto.
"Sorella acqua" va amata, rispettata, condivisa per raggiungere gli argini dei fiumi e canali che portano acqua di vita nella città di Dio.

La rubrica #passa_Parola continua sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio , è arrivata al numero  51 e si può leggere anche qui di seguito.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, 

la più santa delle dimore dell’Altissimo.”

La prima lettura ed il salmo (n.45) di questa settimana parlano dell'acqua che esce dal tempio e dona vita ovunque passa. Mentre li leggevo pioveva e anche adesso, che scrivo, l’acqua scende dal cielo. È la leggera pioggia d’autunno che fa bene alle piante: non è come le bombe d'acqua che ci impone il mutamento climatico prodotto da noi uomini.

Ho bisogno di "sorella acqua, molto utile, umile, preziosa e pura” e penso alla fortuna che ho avuto a nascere in una parte del mondo dove è disponibile per dissetare, lavare e curare. Non dimentico di aver visto persone percorrere chilometri a piedi per portare acqua nel piccolo pezzo di terra che permette loro la sopravvivenza e conosco storie vere di madri impossibilitate a nutrire i propri figli per assenza di acqua non inquinata con cui diluire il latte in polvere.

Purtroppo l'acqua è un bene non condiviso: per alcuni una risorsa indispensabile per cui si fanno guerre, per altri un elemento superfluo che si può sprecare e disperdere. Il culmine si raggiunge quando le persone che sfuggono da aree inaridite dalla siccità vengono respinte da chi abita territori fertili con abbondanti risorse disponibili. Vorrei trovare le coordinate da inserire nel navigatore per raggiungere gli argini dei fiumi e canali che portano acqua di vita nella città di Dio.

Intanto provo a non sprecare nemmeno una goccia dell'acqua che mi viene donata ogni giorno.

 

4 novembre 2025

#passa_Parola n. 50


Attorno al 2 novembre il pensiero delle persone defunte si fa più forte e riguarda ognuno di noi. 
La consapevolezza e la speranza impattano con la semplice constatazione che la morte è inevitabile: potrebbe aiutare a vivere meglio?
A volte cantare insieme un salmo in inglese può aiutare.

Ecco il testo integrale di #passa_Parola n.50, pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  e riportato integralmente qui di seguito.


Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. 

Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”.

La commemorazione dei defunti del 2 novembre cade di domenica: mi sembra molto significativo che la Chiesa aiuti tutti i fedeli a ricordare che la morte è un elemento imprescindibile nella vita di ciascuno. Persino Gesù l'ha incontrata ed affrontata, inaugurando una realtà in cui la morte stessa non rappresenta l’ultima parola sulla storia di ciascuno di noi. Può essere un’illusione, un racconto consolatorio, un modo di fuggire la realtà: indipendentemente da quello che pensiamo, la morte aspetta ciascuno di noi.

Viviamo nel paradosso in cui siamo circondati da immagini di morte causate dalle guerre e dalla povertà (frutti dell’egoismo umano) e, contemporaneamente, molti, a partire dai potenti, si comportano senza senso della misura arraffando oltre ogni limite quasi si sentissero immortali.

Mi suona in testa e vibra nel cuore il versetto del salmo 26 che ho scelto questa settimana: a Taizé si canta in inglese “I am sure I shall see the goodness of the Lord in the land of the living (...), hold firm, trust in the Lord” con la solennità e la forza della vita comunitaria che unisce gli umili.
È la certezza che vivere e morire hanno senso se ognuno di noi cerca di crescere nell'esperienza della condivisione.
“Yes, I shall see the goodness of the lord” insieme agli altri uomini e donne che donano pace e comunione nel loro essere di passaggio su questa terra.


27 ottobre 2025

#passa_Parola n.49

A volte le parole, per me soprattutto di notte, escono seguendo un ordine diverso: cercano altre strade di comunicazione.
Mi è successo di fronte alla grandezza del brano tratto dal libro del Siràcide proclamato domenica 26 ottobre nelle nostre chiese: il  testo è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio ed è leggibile anche qui di seguito.

La preghiera del povero
attraversa le nubi 
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.”

Il sale della terra
è il grido che sale,
per il dolore che non si spiega:
sale a Dio.

È dentro e attorno a me,
lo sento e lo incontro:
sale che conserva e corrode,
sale che scende nel profondo
e sale a Dio.

È il mistero che unisce
oltre le distanze e l’intensità:
si annida nelle sale dell'anima,
nelle pieghe della mente,
in ogni angolo del mondo
e sempre, senza sosta,
sale a Dio.

Il sale della terra
resta sulle ferite
nel silenzio che urla,
nella muta esplosione 
che sale a Dio.

Dio è nel sale delle lacrime, 
nella piccola mano che stringe e accarezza,
nella croce che annienta e abbraccia:
conosce il grido che sale,
è il sale della terra.

 

19 ottobre 2025

#passa_Parola n.48

Mi immagino Papa Leone XIV che trova sulla scrivania papale gli appunti lasciati da Papa Francesco che  aveva iniziato a scrivere un'esortazione apostolica.
Decide di completarla: si chiama "Dilexi Te", è già disponibile e contiene contenuti chiari che vanno direttamente al punto. Ho ricopiato integralmente il n. 15 su #passa_Parola n.48. Come ogni settimana si può leggere  su La Voce di Ferrara-Comacchio  oppure nel testo qui di seguito.

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.”

Papa Leone ha diffuso la sua prima esortazione apostolica “Dilexi Te” scritta in continuità con Papa Francesco che aveva già iniziato una stesura con lo stesso titolo. Mi immagino Prevost che trova gli appunti di Bergoglio sulla scrivania papale: li legge con emozione e decide di completare il testo. È la Scrittura che si fa vicina agli uomini di oggi, la stessa che, in una lunga catena di storie e di persone, è arrivata fino a noi: quella che San Paolo ricorda nella seconda lettera a Timoteo.

Mi chiedo se davvero voglio essere un uomo di Dio, “completo e ben preparato per ogni opera buona” o se mi accontento di galleggiare nella mediocrità.
Il n.15 dell'esortazione di Papa Leone mi apre il cuore:
Anche i cristiani, in tante occasioni, si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti. Il fatto che l’esercizio della carità risulti disprezzato o ridicolizzato, come se si trattasse della fissazione di alcuni e non del nucleo incandescente della missione ecclesiale, mi fa pensare che bisogna sempre nuovamente leggere il Vangelo, per non rischiare di sostituirlo con la mentalità mondana. Non è possibile dimenticare i poveri, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della Chiesa che sgorga dal Vangelo e feconda ogni momento storico.”


13 ottobre 2025

#passa_Parola n.47


“La parola di Dio non è incatenata”,  può scendere in piazza incontrando persone disposte a mettersi in gioco per un mondo di pace.  Anche a Ferrara ci sono segni di vitalità, di voglia di incontro fra storie e culture diverse, di camminare insieme verso la giustizia: un seme prezioso da imparare a coltivare con umiltà e pazienza. Siamo al n. 47 di #passa_Parola su La Voce di Ferrara-Comacchio, pubblicato in giorni in cui appare la speranza  che la tregua si trasformi in vera pace almeno in una delle 56 guerre presenti nel mondo.

Qui di seguito il testo integrale.

Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.”

In questi giorni ho avuto la possibilità di partecipare a importanti momenti di riflessione, confronto e di presenza diretta: ho sentito la necessità di essere fisicamente in mezzo alle persone che riscoprono l’impegno collettivo.

Il Festival Francescano di Bologna e quello di Internazionale a Ferrara mi hanno rafforzato nell’idea che è necessario scendere in piazza per rendere evidente l’impegno per un mondo diverso, più umano, più rispettoso di ogni persona: un mondo che realizzi “una pace disarmata e disarmante".

Sono giorni di fermento con relazioni inedite che nascono fra preghiere, cortei, testimonianze, riflessioni, canti, abbracci, dialoghi che raccolgono e accolgono: tra slogan e invocazioni di pace si cerca un linguaggio comune capace di comunicare la tragedia senza chiudere spiragli di speranza. 

Non è facile ma avverto un’energia che può mettere insieme mondi diversi con storie, anche recenti, di contrapposizione. Anche a Ferrara, davanti e dentro il Duomo, mi sembra che cresca la voglia di cambiamento verso una società che ripudia la sopraffazione, lo sfruttamento e, soprattutto, la violenza. Una sfida per un “cristiano incerto” come me, un invito a scoprire se, come scrive Paolo a Timoteo, “la parola di Dio non è incatenata” ed è sempre capace di trovare nuove strade per venirci incontro.


6 ottobre 2025

#passa_Parola n. 46

Il profeta Abacuc (quando chi proclama le letture lo annuncia noto sempre qualcuno che fa un sorriso) scrive in un periodo di tensioni e conflitti  ma non rinuncia ad indicare la via della speranza: le sue parole sono valide anche dopo 2.700 anni.
La prima volta in cui sono stato in Tanzania (si può leggere sempre nel mio blog "AbeceDIARIO africano" a partire dalla lettera A AbeceDIARIO africano: lettera A ) ho scoperto che "speranza" in lingua Swahili si dice "tumaini". Casualmente Tumaini è un cognome che a Ferrara è abbastanza diffuso: chissà se c'è un significato che vale la pena di approfondire...
#passa_Parola n. 46 si può leggere sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio oppure nel testo integrale riportato qui di seguito.

«Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

Il profeta Abacuc fa capolino nelle letture domenicali e, fedele al suo mandato, non smette di dare consistenza al messaggio di speranza che è chiamato a diffondere. C’è bisogno, oggi come sempre, di uomini come lui che ravvivano la speranza autentica: quella che non si ferma a consolare ma attiva gesti concreti di umanità vera.

La prima volta che sono stato in Tanzania, a conoscere ed aiutare di persona i centri per disabili dell'Associazione “Nyumba Ali", ho scoperto che in lingua Swahili speranza si dice “tumaini”. Mi ha meravigliato e, soprattutto, mi ha ricordato che conosco diverse persone con questo cognome. Ho fatto una verifica sul web scoprendo che il cognome Tumaini appare circa 52 volte di cui la metà nella provincia di Ferrara e addirittura 24 nel comune capoluogo. Sarà vero? Non è questo il punto: il valore di questi dati è la constatazione di avere una concentrazione di “Tumaini-Speranza” nel nostro territorio.

È una provocazione che non mi lascia indifferente: dove si nasconde, oggi, la speranza autentica fra le strade della mia città? Dove la incontro “certo che verrà e non tarderà” nella certezza che “il giusto vivrà per la sua fede”? Avrò il coraggio di citofonare da qualche Tumaini?


29 settembre 2025

#passa_Parola n.45

 

Paolo scrive a Timoteo e lo invita a combattere "la buona battaglia". Basta leggere altri passi della stessa lettera per scoprire che si tratta di una battaglia che non ha nulla a che fare con quelle che si combattono nelle guerre che segnano, purtroppo, la storia e l'attualità degli esseri "disumani" che calpestano e devastano il pianeta terra. 
Dall'esperienza personale del mio primo ricovero ospedaliero porto a casa la consapevolezza che posso fare tantissimo partendo dalle realtà più umili e quotidiane.

Grazie al settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio posso condividere questi semplici pensieri con chi avrà voglia di leggerli.

Come sempre li condivido anche qui: ecco il testo integrale.

Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.”

L'unica battaglia buona è quella della fede e non ha nulla a che fare con le battaglie che si combattono nelle guerre che da sempre caratterizzano la storia dell'umanità (forse sarebbe più corretto scrivere “della disumanità”?). 
Paolo scrive a Timoteo che è una battaglia da affrontare attraverso giustizia, pietà, fede, carità, pazienza e mitezza: la conferma che il cristianesimo è sempre controcorrente, oggi come ai tempi di Paolo.

Che fare, dunque, per provare ancora una volta a starci dentro?

Credo sia importante accogliere le situazioni che la vita ci propone: stare accanto alle persone, offrire quello che si ha, scoprire il positivo che c'è. Coi drammi che ci circondano e a volte ci coinvolgono può sembrare impossibile: per questo ha senso “allenarsi” partendo dalle realtà più umili e quotidiane.

Ho davanti a me tanti esempi: i santi sono davvero in mezzo a noi e, senza effetti speciali, ci donano manciate di speranza.
Personalmente sto facendo esperienza di un ricovero ospedaliero e posso testimoniare che ogni giorno ne incontro qualcuno: dipende solo da me riuscire ad accorgermene.

Potrebbe essere davvero, per ognuno di noi, il momento di fare la nostra “bella professione di fede davanti a molti testimoni” per essere protagonisti di una vita vissuta pienamente e, soprattutto, “raggiungere la vita eterna” alla quale siamo chiamati


20 settembre 2025

#passa_Parola n. 44



Quest'anno tornano le letture del 2022-23 quando già tenevo una rubrica chiamata "il foglietto in tasca": potrei non resistere alla tentazione di riproporre gli stessi testi, anche per vedere se qualcuno lo scopre.
Intanto su La Voce di Ferrara-Comacchio c'è il tentativo di cogliere qualche spunto sulle "mani pulite" da alzare nella preghiera.

Ecco il testo integrale.

“Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.”
Tre anni fa questa rubrica si chiamava “Il Foglietto in tasca”: con la Redazione avevamo concordato che potessi scegliere lo spunto fra le prime due letture, lasciando le “Fantasticherie sul Vangelo” del periodo precedente. Ora il titolo è cambiato ma l’idea di fondo è la stessa. La novità è che le letture (come è normale che sia ogni tre anni) sono le stesse del 2022/23: perciò devo rileggere cosa ho già scritto per evitare di ripetermi. Attenzione: potrei anche riproporre lo stesso identico pezzo per vedere chi se ne accorge.
Questa settimana siamo tutti Timoteo e Paolo ci chiama “figlio mio” e fa alcune richieste ben precise: con la fermezza che segue al verbo “voglio” ci chiede di pregare in ogni luogo con mani pure, senza collera e senza contese. 
Ancora una volta vedo Paolo camminare nelle strade di oggi per invitarci a non essere ipocriti: se la preghiera richiede mani pure alzate da persone senza collera e contese significa che non può essere staccata dalla vita reale. Vuol dire, almeno secondo me, che la condotta di vita è la precondizione della preghiera autentica.
Conosco le mie imperfezioni e fragilità e so di averne anche altre che non conosco; sperimento la fatica e la sofferenza, ma so che le mani pure non hanno il profumo sbiadito della neutralità ma l’essenza dell'impegno quotidiano. Mani pure senza collera e contese sanno di sudore, di terra, di carezze donate a visi di tutti i colori: di vita che si spende e non si risparmia. 



13 settembre 2025

#passa_Parola n.43


Questa settimana ricorre la festa dell'esaltazione della Croce, un passaggio fondamentale nella vita di Gesù e di ogni cristiano.
Per me, ancora oggi, rimane una prospettiva che tendo a lasciare in secondo piano poiché non sono capace di accettarla davvero.
In momenti come questi mi affido alla musica: in questo caso vado sul sicuro con Bach.
Come ogni settimana  su La Voce di Ferrara-Comacchio in 60 secondi si può leggere la mia piccola rubrica #passa_Parola.
Il testo integrale è anche qui di seguito.

Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.”

Di fronte al brano di Paolo ai Filippesi, proposto questa settimana, sono rimasto a lungo in silenzio ad occhi chiusi: ho ritrovato la sofferenza, il senso di vuoto, l’inadeguatezza, la negatività che mi accompagnano da sempre. Non sono stato, però, capace di accettare l’idea della morte in croce.

Ho tanta strada da fare: non solo per avvicinarmi a Gesù ma anche per provare a raggiungere la mia amica Laura Vincenzi che ha scritto “Abbracciare la croce=Vivere l’avventura”. La Croce questa domenica è al centro della liturgia, ma rimane una prospettiva che tendo a lasciare in secondo piano.

Provo a non affidarmi solo ai ragionamenti e mi consento un po’ di musica: un ascolto rilassato della “Passione secondo Matteo” di Bach. Ogni volta mi tocca profondamente, fin dal primo ascolto sulle audiocassette donatemi dal mio amico (poi diventato vescovo) Don Andrea Turazzi. So che non è così, ma mi sembra di sentire per la prima volta l’aria “Komm, süßes Kreuz” (Vieni dolce croce): la viola da gamba che accompagna e dialoga col solista (un basso) mi conduce ai piedi della croce con una serenità che non conoscevo.

Trovo il testo tradotto: “Vieni, dolce croce, così voglio dirti, mio Gesù, dammela per sempre! Se le mie sofferenze diventano insopportabili, mi aiuterai tu stesso a portarle.”

È la preghiera di oggi, ancora alla ricerca della dimensione più autentica della vita.

 

5 settembre 2025

#passa_Parola n.42


"Ricomincio da 42", ancora sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio con la rubrica #passa_Parola. La frase scelta è tratta dal Libro della Sapienza, la prima lettura che verrà proclamata nella Messa di Domenica 7 settembre: le immagini bibliche si impastano coll'esperienza di un'estate in cammino fra montagne e pianure, fra gioie e sofferenze.
Ecco il testo integrale.

I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.”

Quest’estate ho fatto diverse escursioni in montagna insieme ad un bel gruppo di persone con cui ho condiviso due settimane di vita comunitaria. Ho sperimentato quello di cui parla il libro della Sapienza: ragionamenti timidi e incerti lungo sentieri in cui il peso del corpo non aiuta e la mente tende a inseguire le preoccupazioni. Ho sperimentato, anche, il ritrovo comunitario in cui la fatica e il dubbio incontrano il balsamo della condivisione e la tenerezza dell’abbraccio, fra noi e attraverso la Parola. Risuonano ancora nel mio cuore le storie che si sono intrecciate: le ha raccolte tutte Silvia che in quei giorni, partendo dalla casa in cui stavamo vivendo insieme, ha raggiunto il Paradiso.
Le nostre piccole e grandi croci l’hanno accompagnata e lei ce le ha restituite con un senso pieno di speranza.

Ora cammino con molta meno fatica per i parchi del mio rione e ripercorro il brano del libro della Sapienza e mi soffermo sulla
“tenda d’argilla” che “opprime una mente piena di preoccupazioni”: un’immagine originale. Forse ho davvero una tenda d’argilla: non sono né nomade né stanziale e, soprattutto, rischio di essere come l’argilla prima di ricevere il soffio vitale che l’ha resa un essere umano.

Provo a fare sintesi tra la montagna e la pianura: scoprire il dono di potersi interrogare e condividere è già la traccia del sentiero su cui incamminarsi.


12 agosto 2025

Quando finisce un affido


Questo è il post n. 300 del mio blog: in questi anni è stato visitato da tante persone (risultano più di 63.000 contatti). MI sono reso conto che questo spazio online è diventato, di fatto, una specie di diario pubblico in cui condividere aspetti importanti della mia vita. 
Tutto ciò oltre la rapidità dei social in cui ogni cosa si brucia in fretta. 
Nel blog, invece, tutto è sempre disponibile: si può andare avanti e indietro nel tempo, rileggere, ri-scoprire qualcosa: nel mio caso ci sono 300 pezzi che formano parte del puzzle della mia vita.

Il trecentesimo "tassello" parla, ancora una volta, dell'affido famigliare.
In questi giorni si è conclusa un'esperienza durata 21 mesi con un cucciolo d'uomo che è arrivato a casa nostra che ne aveva 3: una bella storia che ha portato la ricongiungimento con la mamma che ha saputo affrontare le proprie difficoltà creando un bell'ambiente in cui crescere adulti e bambini insieme.
E' un bel modo per ridimensionare il mio/nostro impegno in questo campo: è come chiudere la carriera dopo aver vinto lo scudetto.
Come mi capita ultimamente provo a comunicare mettendo insieme le parole  e lasciando che si combinino in un gioco di rime che ha solo la pretesa lasciare una traccia del mio stato d'animo. 

 

28 luglio 2025

È uscito un libro con una mia poesia

Una bella esperienza umana e culturale che ho vissuto quest'anno è stata la partecipazione al “Giardino dei versi”. Organizzato da Vincenzo Russo ha la particolarità (credo unica) di essere un concorso letterario in cui gli stessi partecipanti sono la giuria che forma la graduatoria: per farlo, tutti ricevono le opere in gara e le votano (vietato votare se stessi) senza conoscere gli autori. Ho partecipato alla sezione poesia con un unico testo che, ovviamente, non si è classificato fra i vincitori: senza infamia e senza lode ho avuto, comunque, una decina di segnalazioni.
Ora tutte le opere (poesie e racconti) sono pubblicate in un bel testo arricchito con foto suggestive e immagini della serata conclusiva al ristorante “Il giardino di Mattia” il cui proprietario è co-fondatore dell'iniziativa. Il libro intitolato, appunto, “Il Giardino dei versi. II edizione“ è disponibile nelle piattaforme online.
È la prima volta che una mia poesia si trova pubblicata in un libro di cui non sono autore solo io: è  intitolata “Accondiscendente”: siccome ci sono testi interessanti (ben più dei miei semplici versi) spero che in tanti si procurino il libro.

19 luglio 2025

Un canone composto per solidarietà e amicizia

Il 2025  regala emozioni inattese e inedite: è proprio vero che non si finisce mai di conoscersi. L'età che avanza mi fa gustare la lentezza come un valore, insieme al desiderio di mettermi alla prova con nuove sfide.

Ho composto un piccolo canone che ho presentato a margine della “vendita all’incanto” di alcuni quadri che ho aiutato ad abbinare ai potenziali acquirenti.

Alcuni amici ed amiche trovati sul posto (nella sede della Fondazione Imoletta), mi hanno aiutato a verificare se le tre linee melodiche che si succedevano potevano funzionare: così abbiamo realizzato la prima (e probabilmente unica) esecuzione mondiale.

Non diffondo la registrazione audio per non dare spunti a musicisti in crisi di idee: a questo provvederò appena avrò completato il percorso di tutela del diritto d’autore. Pubblico, invece, il testo che promuove il progetto Gli StraVolti: una bellissima iniziativa che mette insieme pittura, racconto e solidarietà: aver collaborato con loro è il vero motivo per cui mi sento tre volte bene, come le semplici frasi del canone che si rincorrono e sovrappongono.




4 luglio 2025

Una poesia (mia) per l'estate 2025

A gennaio ho mandato una "poesia" ad un concorso letterario gratuito promosso da un Comune della provincia di Ferrara: il tema era l'estate che in quel momento sembrava lontanissima. 
A maggio sono stati premiati i  tre vincitori di ogni sezione e, siccome il concorso non prevedeva graduatoria,  tutti gli altri, come me, possono immaginarsi di essere arrivati nella posizioni fra la quarta e l'ultima.

Rileggendola oggi mi rendo conto che, come al solito, più che una poesia ho prodotto un gioco di assonanze: improbabile che mi sia classificato ai primi posti.

La pubblico qui per il piacere di continuare ad alimentare un "caldo legame" con chi vuole continuare a seguirmi.



 

27 giugno 2025

#passa_Parola n.41


La Voce di Ferrara-Comacchio va in vacanza fino al 5 settembre: di conseguenza anche la rubrica #passa_Parola si ferma, per un po', al n. 41. 
L’ultima domenica di giugno coincide con la festa di San Pietro e Paolo: è il pretesto per scrivere una lettera a San Pietro. 
Fra le varie cose che me lo fanno sentire vicino ci sono i tanti errori di prospettiva uniti alla capacità di entusiasmarsi: un santo molto umano e attuale.

Di seguito il testo integrale.

Pietro allora, rientrato in sé, disse: «Ora so veramente che il Signore ha mandato il suo angelo e mi ha strappato dalla mano di Erode e da tutto ciò che il popolo dei Giudei si attendeva».

Caro Simone detto Pietro, anzi San Pietro, ti scrivo in occasione della tua festa che si celebra domenica 29 giugno 2025. Sei un santo importante, fondamentale: il leader degli apostoli, la pietra su cui è costituita la Chiesa (e di conseguenza il primo Papa, l’unico con una suocera guarita direttamente da Gesù).

Di te mi affascina l'umanità con cui sei stato accanto a Gesù, seguendolo sinceramente anche quando ti ha rimproverato con durezza, ti ha messo in guardia dal rischio di tradimento, ti ha chiesto per tre volte una conferma esplicita di amore. Assomigli a tanti, come me, che si impegnano sperando di essere nel giusto ma ogni tanto si perdono perché non vedono oltre il proprio naso.

Leggendo la tua dichiarazione al termine della prima lettura di questa settimana ti ho sentito ancora più vicino. Tu che hai condiviso gli anni più importanti della vita terrena di Gesù ti stupisci di essere stato liberato dal carcere attraverso l'intervento diretto di un angelo? Ti sei già dimenticato dei miracoli di Gesù, della trasfigurazione a cui hai assistito in prima persona, dei momenti passati insieme a Lui risorto dopo averlo visto morto in croce?

E ancora una volta il dubbio si trasforma in conforto per ciascuno di noi: la conoscenza di Gesù è fonte continua di novità e di stupore, per Pietro e per chi prova a vivere con passione ed entusiasmo.
Grazie!


21 giugno 2025

#passa_Parola n.40

Come Paolo anch'io mi trovo davanti al dilemma di riempire lo spazio che segue i due punti.
Cosa ho ricevuto dal Signore che vorrei trasmettere? Come lo trasmetto?
Spunti di riflessione in 1500 caratteri proposte sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio da un "diversamente giovane" che pensa di essere ancora in ricerca.

                           Questo il testo integrale.

Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso:...” 

Ho lasciato i due punti al termine della frase di San Paolo. Lui prosegue descrivendo Gesù che, nell'ultima cena, istituisce l'Eucaristia: per me mantenere un po’ di sospensione è un invito a riflettere su cosa davvero vorrei trasmettere agli altri.

Immagino Paolo concentrato a scegliere con attenzione le parole da scrivere ai Corinzi: con quale coraggio racconta un momento a cui non ha assistito? Come osa farlo quando gli Apostoli (che erano, appunto, “apposta lì sul posto") sono ancora in circolazione?

Il mio amico originario di Tarso sa di condividere il destino di tutti i credenti dopo di lui: ricevere dal Signore un dono che appassiona e dà senso alla vita e provare il desiderio di trasmetterlo ad altri. Nei suoi giri per il mondo si è già accorto che attraverso il ragionamento e lo scambio dialettico al massimo ottiene consensi formali per un proselitismo che non è la proposta di Gesù.

Come Paolo anch'io mi trovo davanti al dilemma di riempire lo spazio che segue i due punti. Cosa ho ricevuto dal Signore che vorrei trasmettere? Come lo trasmetto? La risposta di Paolo è quella di non mettere in primo piano se stessi ma fare riferimento diretto alla vita di Gesù. Sappiamo che le parole di Gesù sono sempre accompagnate da gesti, atteggiamenti, sguardi e comportamenti che le mettono in pratica, fino al sacrificio della vita stessa per donare la resurrezione.

Trasmettere la vita, non solo il racconto: la ricerca continua.

 

14 giugno 2025

#passa_Parola n.39

Sapienza ha la stessa radice di "sapore": è presente da prima della creazione, ci insegna come giocare e assaporare la bellezza della vita.
Una scoperta continua accompagna il percorso di #passa_Parola sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio

Per chi vuole leggere ecco il testo integrale.

Così parla la Sapienza di Dio: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività,

prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra… (...) giocavo davanti a lui in ogni istante, giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo»

Nella prima lettura della festa della Trinità la sapienza parla di sé: con semplici frasi molto efficaci cerca di avvicinarci ai misteri inspiegabili mettendo in moto sensibilità e creatività che fanno vibrare le corde che ci attraversano tra cuore e cervello. La sapienza è come una lente di ingrandimento sul senso della Trinità.

Sapienza ha la stessa radice di sapore: San Luigi Maria Grignion de Montfort (un santo che mi è venuta voglia di conoscere meglio) afferma che “la Sapienza è la sapida scienza, cioè la scienza saporosa, che dà sapore. L’Emmanuele che viene è il buon sapore di Dio. Rende saporiti tutti i nostri gesti e anche noi siamo chiamati a far assaggiare alle persone che ci sono accanto il buon gusto di Dio.”

Quindi la sapienza che gioca prima della creazione è un preludio ed una sintesi dei sapori, gli odori, i sentimenti e i ragionamenti che rendono la vita un canto di lode a Dio creatore, salvatore, presenza infinita.

In questa visione, che mi stimola molto, la sapienza-sapore della Trinità, è attorno e dentro ciascuno di noi: la possiamo incontrare ed assaporare se condividiamo la sua stessa passione per la vita senza pretendere di farlo da soli.

 

12 giugno 2025

...maial la Spal...

Domenica 8 giugno era la data ultima per inviare gli articoli da pubblicare sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio : mi era stato chiesto di dare un contributo per la pagina interamente dedicata alle tristi vicende della Spal e questo è quello che ho scritto secondo quello che so, che penso e che spero.
E' leggermente più lungo di quelli di #passa_Parola, si legge  comunque in meno di  100 secondi.

Ecco il testo più leggibile rispetto alla foto (bellissimo il titolo scelto dalla Redazione)

28 maggio 1967 ultima giornata di Serie A: avevo 9 anni e mio padre mi ha portato “alla Spal” dove si giocava Spal Venezia. Mio padre pagava l’abbonamento a rate attraverso il CRAL della Montecatini: non aveva grandi svaghi ma la schedina ogni settimana e l’abbonamento alla Spal non potevano mancare. Lui era in piedi sulla gradinata, zona centrale, e io attaccato alla rete di recinzione come tanti altri bambini. Ricordo una bella vittoria 3 a 2 con Fabio Capello che fece due passaggi smarcanti (non si chiamavano ancora “assist”) per i primi due gol della Spal ed uno stop di petto e tiro al volo per la terza rete..

17 maggio 2025: ho il biglietto con la riduzione per gli Over 65: insieme ad uno dei miei figli e al compagno di una mia figlia sono seduto nella stessa gradinata.

Lo stadio rinnovato è un gioiello che nobilita ed esalta la storia della Spal già col nome di Paolo Mazza. Il colpo d’occhio con quasi 11.000 tifosi è fantastico: l’atmosfera è carica di tensione per lo spareggio col Milan Futuro per rimanere in Serie C. Ferrara c’è, la meravigliosa Curva Ovest trascina instancabile, come sempre. Tutto finisce per il meglio: la doppietta di Molina e il meritatissimo tributo ad Antenucci addolciscono la conclusione di un campionato tribolatissimo.

Nelle stagioni della mia vita la Spal è sempre stata una certezza da seguire, fra alti e bassi, nelle diverse realtà che la vita mi ha proposto: ad esempio “Maial la Spal” è stata la prima frase che ho insegnato la mio amico Adam, direttore dei centri per disabili della Nyumba Ali in Tanzania.

Ora la Spal è in agonia a causa di una gestione scellerata: quando scrivo non si è ancora capito il livello del burrone nel quale è destinata a precipitare. È certo, però, che gli ultimi quattro anni dimostrano che senza passione, professionalità e rispetto per Ferrara e i ferraresi, le promesse e i soldi producono solo macerie.

Quelle macerie, ora, andrebbero raccolte portando ognuno il suo mattone per ricostruire la Spal che conosciamo ed amiamo. Per rispetto alla storia e al futuro di ognuno di noi e dei nostri figli (o nipoti) credo si possa pensare ad una forma di azionariato popolare perchè la Spal sia davvero una proprietà di tutta la città.