22 novembre 2024

#passa_Parola n.12


Questa settimana su La Voce di Ferrara-Comacchio un piccolo racconto per continuare a riflettere su come la Parola passa nelle nostre comunità. Senza prendersi troppo sul serio fra luoghi, nomi e verbi che forse non esistono...forse.
Qui di seguito il testo: questa settimana sono 2.000 caratteri.

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.”

Don Armando (gerundio presente del verbo “armare”, nome di fantasia) e Don Clemente (participio presente del verbo “clemere”, verbo e nome di fantasia) hanno fatto il Seminario insieme e sono stati ordinati sacerdoti nel 1976. Ora sono parroci di due paesi situati uno di fronte all’altro ai lati della valle che accompagna il fiume verso la pianura.

Don Armando, anche fisicamente sotto il lungo abito talare, sembra sempre sul punto di imbracciare una spada, un fucile, un bazooka: perennemente in contrasto col mondo combatte “la buona battaglia” sulle orme di San Paolo.
Le sue omelie sono famose per la forza con cui denuncia il degrado dei costumi attuali e la degenerazione degli stili di vita che allontanano dalle buone abitudini della tradizione. 
I suoi collaboratori gli assomigliano: come tanti fedeli provengono anche da altre parrocchie spinti dalla ricerca di uno stile più consono alle loro impostazioni di vita.

Don Clemente, sull’altro versante, è spesso in abiti borghesi: a volte non lo si distingue in mezzo ai diversi gruppi che frequentano la canonica. I bene informati dicono di non averlo mai visto arrabbiarsi (almeno in pubblico), alcuni lo definiscono “un mito” riferendosi al fatto che “i miti erediteranno la terra”. 
Le sue omelie sono famose per la forza con cui richiama i fedeli a cogliere semi di speranza in tutte le situazioni della vita attuale dove i cristiani sono un piccolo gregge. 
I suoi collaboratori gli assomigliano: come tanti fedeli provengono anche da altre parrocchie spinti dalla ricerca di uno stile più consono alle loro impostazioni di vita.

Persino le campane delle due parrocchie suonano con timbri diversi, quasi adattandosi allo stile dei titolari: al centro della valle si mescolano creando un’inedita armonia.

Sarà così anche in questa festa di Cristo Re.

16 novembre 2024

#passa_Parola n.11


Le parole del profeta Daniele travalicano i tempi, incontrano il 1944 e, 80 anni dopo, arrivano fino a noi.
Il 17 novembre per me e per tanti non è una giornata come le altre: il motivo si può leggere nella rubrica #passa_Parola pubblicata su La Voce di Ferrara-Comacchio e riportata qui di seguito.
P.S. invece che col numero 11 questo contributo è stato pubblicato col n.10: un fatto che lo  rende decisamente unico...
Buona lettura.

I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre.”

Leggo la prima lettura di domenica 17 novembre: per me, cresciuto nella “zona Doro” fra ciminiere e campi coltivati, il 17 novembre è il ricordo dell'Eccidio in cui sette antifascisti ferraresi furono ammazzati nel 1944 da parte delle SS.
Tutto avvenne di fronte al Caffè del Doro: il monumento che ricorda l’esecuzione è lì a rinnovare per sempre la memoria.

Nella mia infanzia ho visto crescere le nuove case che hanno sostituito i campi coltivati: al posto di uno stradone sterrato in cui facevamo le corse in bici, è sorta Via XVII Novembre rendendo ancora più presente la data dell’eccidio.

Penso non sia una coincidenza che in questa data si leggano le letture che descrivono la fine dei tempi: il profeta Daniele li descrive e ribadisce che la salvezza sarà riservata ai saggi, in particolare a chi si è speso per la giustizia. Purtroppo la ricerca della giustizia è problematica anche oggi a causa dell’incapacità di fare tesoro delle esperienze tragiche del passato.

Un barlume di speranza viene dalla scuola primaria del “Doro” che da tanti anni propone momenti di riflessione in occasione del 17 novembre. Anche quest’anno attorno ai bambini che cantano si riallacciano i fili fra passato e futuro con tante realtà del territorio che collaborano. 
Domenica 17 alle 17,30 nel salone della Parrocchia di San Giuseppe Lavoratore sarà significativo essere presenti in tanti.

 

9 novembre 2024

#passa_Parola n.10

Quali sono i Santuari dove si svolge e celebra la mia (nostra?) vita?
Più che luoghi straordinari mi appaiono ambienti molto quotidiani dove la semplicità dei gesti è identificabile anche nella nebbia che accompagna il cammino di chi vuole provare a mettersi in ricerca con un po' di sana inquietudine.
Tra San Paolo e Riccardo Cocciante #passa_Parola n. 10 su La Voce di Ferrara-Comacchio di questa settimana.

Ecco il testo.

Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore.”

Penso al “santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero”. La prima immagine mi porta ad una chiesa, ma poi inizio a pensare ai luoghi di vita e lavoro: fabbriche, uffici, strade, scuole, parchi. L’elenco è lungo: sono tanti i posti “figura”, di quel Santuario che, scrive San Paolo, è nel cielo. Lo stesso San Paolo, nella Lettera ai Corinzi, afferma che “Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa”: nonostante mi sforzi di leggere la presenza di Dio nella mia vita, mi devo accontentare di una visione sfumata e imperfetta...proprio come nella nebbia di stamattina.

C’è un luogo che non ho mai considerato come un Santuario “figura di quello vero”: la casa in cui vivo. Più propriamente si tratta di un appartamento: la parola stessa mi ha sempre suggerito l’idea di un luogo dove ci si può APPARTARE ma ancor di più mi convince l’idea di uno spazio a cui APPARTENERE. Mi appartengono ed appartengo ad ogni metro del mio appartamento: emozioni, paure, gioie, apprensioni, speranze, tensioni, trasudano dalle pareti stesse. Posso muovermi al buio guidato dalla memoria emotiva, oppure ad occhi aperti rivivere gli stati d’animo per gli arrivi e le partenze dai due lati delle porte.

Parafrasando Cocciante potrei dire che anche nella mia casa (nelle nostre?) “la pietra si fa statua, musica e poesia” e la vita può diventare una vera liturgia.

 

31 ottobre 2024

#passa_Parola n.9

"Ascolta Israele"....e non solo.
L'appello dal libro del Deuteronomio arriva fino a noi: è l'unica strada per raggiungere la pace. 
L'esperienza concreta di giovani obiettori e pacifisti israeliani e palestinesi che, insieme, sono stati ospiti del Movimento Nonviolento italiano dimostra che l'incontro autentico fra persone di paesi "nemici" può essere davvero un antidoto contro la guerra.
I giovani  regalano uno squarcio di speranza basato su esperienze concrete e quotidiane: una sana provocazione ad agire davvero secondo coscienza.

Un minuto di lettura nella rubrica #passa_Parola: sul settimanale  La Voce di Ferrara-Comacchio e qui di seguito.

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore.”
A questo brano del Deuteronomio si potrebbe aggiungere “Ascolta Palestina, Russia, Ucraina: ascoltate voi, paesi impegnati nelle 56 guerre attive oggi nel mondo. Dio (comunque lo si chiami) è amore e misericordia e non benedice le guerre."

Pochi giorni fa ho avuto la conferma che l’incontro autentico fra persone di paesi “nemici” può essere davvero un antidoto contro la guerra. Alla Scuola di Pace di Monte Sole ho partecipato all’incontro pubblico con tre ragazze ed un ragazzo provenienti da Israele e dalla Palestina: obiettori di coscienza e attivisti nonviolenti dai 19 ai 26 anni.

Cresciuti in un contesto in cui tutto spinge all’odio verso il “nemico” e propone la guerra come unica soluzione dei problemi di convivenza, hanno la forza di affermare la propria scelta per la pace ognuno nel proprio paese e ora insieme. Sostenuti in particolare dal Movimento Nonviolento Italiano alternano momenti di libertà a carcere e vessazioni di vario genere .

Il loro viaggio in Italia è un segno di speranza e di volontà di proseguire sulla strada della pace promossa dall’incontro fra le persone: una risposta alla guerra che va ad esclusivo vantaggio dei potenti.

Ho molto da imparare da questi giovani e dai tanti che hanno aperto gli occhi sulla realtà in decomposizione che la mia generazione consegna a loro. Chiudo gli occhi e dico a me stesso “Ascolta la forza della speranza che si esprime nella semplicità di chi non scende a patti con la propria coscienza.”


25 ottobre 2024

#passa_Parola n.8

La prima lettura e il salmo di questa settimana invitano alla gioia: un'esperienza e un desiderio che cerco di mantenere nella vita quotidiana.
Cosa c'entra con l'uso dell'App "Too Good To"? La risposta è nei 1.500 caratteri pubblicati  sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e che si possono leggere anche qui di seguito.

Allora la nostra bocca si riempì di sorriso, la nostra lingua di gioia.”

Questa settimana provo a tenermi dentro la gioia che sgorga dalla prima lettura e dal salmo.

La bocca riempita di sorriso diventa un faro nel cammino quotidiano fra labbra strette dall'abitudine a parlar male: una lingua sovrabbondante di gioia è un antidoto al grigiore dilagante.

È così che vorrei essere, anche se non sempre ci riesco: spero di avere sempre qualcuno che mi richiama, come mi è successo pochi giorni fa. 

Da qualche tempo uso l'App “Too Good To Go” che permette di acquistare a prezzi bassissimi cibo di giornata rimasto invenduto. Dal pane al cibo cinese, dai prodotti biologici alle colazioni degli alberghi l’offerta è ampia: si uniscono la lotta allo spreco alimentare e il contenimento dei costi di una vita sempre più difficile da sostenere.

Avevo prenotato un ritiro in un punto vendita all'interno di un grande centro commerciale.

Di solito il personale è abbastanza sbrigativo, ti identifica e ti consegna il tutto in modo veloce. Io, che sono un noto “attaccapezze”, mi sono adeguato e mi limito a dire: “Ho un Too Good To Go da ritirare”.

Ho fatto così l’ultima volta e il ragazzo al banco mi ha risposto “Innanzitutto salve…”. Sarei sprofondato: io per primo avevo ceduto alle relazioni frettolose e fredde che cerco di evitare. Ho chiesto scusa e ringraziato per il richiamo.

Lo condivido qui: risuona nel salmo 125 e nella bellezza delle grandi cose ordinarie. Nella ricerca che percorre la vita di ogni giorno. 

 

17 ottobre 2024

#passa_Parola n.7

San Paolo invita alla fiducia, per offrire ma anche per ricevere in dono l'aiuto al momento opportuno. La conferma che è uno stile di vita che vale la pena praticare viene anche dall'esperienza di "Dammi la mano": associazione di Ferrara e Provincia che raccoglie famiglie adottive, affidatarie e impegnate nel volontariato accogliente.

Ne parlo sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio .
Il testo si può leggere qui di seguito.

Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.”
Ho letto questa frase dopo aver partecipato al ritrovo conviviale dell'Associazione ”Dammi la mano”: famiglie adottive, affidatarie e impegnate nel volontariato accogliente, uniti insieme per festeggiare i vent'anni dell'Associazione.

Non tutti siamo dichiaratamente credenti; siamo, però, accomunati dall'impegno ad accogliere bambini ed a sostenere famiglie in difficoltà: offriamo le nostre case, le nostre persone e la nostra vita di relazioni.
Penso che l'invito della lettera agli Ebrei ad avere fiducia per ricevere misericordia e trovare grazia, con la certezza di essere aiutati al momento opportuno, sia un’esperienza che ci accomuna. “Dammi la mano" è il nome dell’Associazione ed è, soprattutto, uno stile di vita che conferma, nei fatti, quello che scrive San Paolo.

Ripercorro con gioia la bellezza e la forza del ritrovo fra noi adulti: sapere di poter contare su una rete ampia e viva ci aiuta a superare i tanti momenti difficili che incontriamo quotidianamente.
Ancora di più mi scalda il cuore rivedere il vivace ed eterogeneo gruppo di figli e figlie: bello vederli insieme sapendo un po' delle loro storie.
Ancora più bello vedere i figli grandi prendersi cura dei piccoli in uno scambio fecondo che regala speranza.


13 ottobre 2024

#passa_Parola n.6

Nell'Antico Testamento per avere la sapienza bisognava implorare: e oggi, dopo la venuta di Gesù? 
Mi sento di poter dire che molte cose sono cambiate, decisamente in meglio.

La mia rubrica  #passa_Parola n.6 si legge sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e, come ogni settimana, è disponibile qui di seguito.

Pregai e mi fu elargita la prudenza, implorai e venne in me lo spirito di sapienza.” 

L’autore del Libro della Sapienza ha dovuto implorare per avere il dono, appunto, della Sapienza.

Si sa che quelli dell’Antico Testamento erano tempi difficili: una specie di secolare ritiro precampionato in attesa di Gesù, l'allenatore-giocatore in grado di sconfiggere definitivamente gli avversari.
In quel periodo la Sapienza si otteneva passando dalla preghiera all'implorazione: uno sforzo forse riservato a pochi eletti per ottenere i bellissimi frutti descritti nel brano di oggi.

Nel “Dopo Cristo” le cose sono cambiate: per avere la Sapienza (che è uno dei sette doni dello Spirito Santo) non dobbiamo implorare, dobbiamo stare attaccati a Gesù. 

Lui ha implorato per noi una volta per tutte durante tutta la sua vita fino al culmine che va dal Getsemani fino alla croce.
La morte di Gesù e la sua resurrezione hanno spalancato per tutti le porte della Sapienza definitiva che si ottiene accogliendo l’invito a seguire Gesù.

Per me è un cambio di prospettiva che rinnova e rende dinamica la ricerca del senso della vita: inserisce impegno e volontà in una luce già accesa che illumina persone e comunità.

5 ottobre 2024

#passa_Parola n.5

 

San Paolo, le elezioni regionali, le impressioni di un settembre che finisce: un concetto un po' ostico alla fine produce una nuova consapevolezza.
Anche questa settimana si può leggere una mia breve riflessione sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

Infatti, colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli.”

San Paolo torna protagonista della seconda lettura: la sua lettera agli Ebrei ci farà compagnia fino al 17 novembre, la domenica in cui si vota per le Regionali in Emilia Romagna. Per non perdere questo appuntamento lo segno già sul calendario, ricordando che si può votare anche il 18: penso che un cristiano sappia usare con intelligenza e coscienza lo strumento del voto e sono convinto che non si faccia attirare dalla triste moda dell’astensionismo.

Il valore dell’impegno, del mettersi in gioco senza aver paura di “sporcarsi le mani” è sostenuto da San Paolo proprio nel brano di questa settimana: ci ho riflettuto negli spazi che una difficile gestione del tempo quotidiano mi concede in questo periodo. 

La ricca prosa paolina ha richiesto uno sforzo supplementare, finché non mi è apparso chiaro (come al solito durante un risveglio notturno) che Gesù, Dio fatto uomo morto e risorto, è talmente grande da elevare tutta l’umanità al suo livello.

Scrivo queste impressioni un po’ complesse che è ancora settembre (molti le leggeranno in ottobre): so che “sono un uomo, un uomo in cerca di sé stesso”.  
Intanto il sole tra la nebbia filtra già”: accarezzo l’idea della forza che ogni persona ha, grazie alla stessa origine della vita di Gesù.

Sorrido perché noi, che siamo suoi fratelli, possiamo provare a stare sulla sua scia senza farci abbattere dai fallimenti.

27 settembre 2024

#passa_Parola n.4

Giacomo non lascia dubbi sul destino di chi accumula ricchezze a scapito degli altri: un giudizio netto e inequivocabile che forse abbiamo perso di vista seguendo interpretazioni e casistiche infinite.
La Voce di Ferrara-Comacchio pubblica il  n.4 di #passa_Parola dove si fanno ipotesi bizzarre  nate da confronti quotidiani con chi agisce per gli altri senza riconoscersi in una fede religiosa. Ho tanto da imparare in una ricerca che non finisce mai.

Ecco il testo integrale: 1.500 caratteri che si leggono in un minuto.

Sulla terra avete vissuto in mezzo a piaceri e delizie, e vi siete ingrassati per il giorno della strage.”

Giacomo saluta alla fine del mese in cui ci ha fatto compagnia con la sua lettera.

L’ultimo brano non lascia spazio a dubbi: accumulare ricchezze e non pagare giustamente chi lavora non è compatibile col cristianesimo. Non si può fraintendere: “vi siete ingrassati per il giorno della strage” lascia in sospeso quando e dove mentre chi, cosa e perché è molto chiaro.

È facile immaginare persone più o meno famose destinate al giudizio finale: ognuno di noi, come Dante, può mettere in gioco la fantasia creando i suoi gironi .

Personalmente preferisco pensare a chi, invece, verrà salvato per le sue opere senza essere mai stato riconosciuto come un “bravo cristiano” dichiarandosi, anzi, esplicitamente non credente.

In più non dimentico che la fantasia e la misericordia di Dio sono infinitamente più grandi delle nostre: le sorprese, nel giorno della strage, non mancheranno.

Fra i miei amici “santi atei”, uno mi ha invitato a pensare a cosa sarebbe successo se i due fratelli, Giovanni e Giacomo, sulle rive del lago invece di Gesù avessero incontrato un certo Aldo e avessero formato un trio.

Lo spunto è interessante, lo rilancio qui anche come stimolo a non perdere mai di vista la dimensione dell'umorismo: molti illustri teologi la indicano come fondamentale per vivere pienamente la fede. Papa Francesco lo ha ribadito volendo incontrare gli artisti del settore: anche così si “#passa_Parola".

 

20 settembre 2024

#passa_Parola n.3


Le affermazioni chiare e dirette di San Giacomo aprono una voragine di riflessione che passa  dal Rapporto 2023/24 di Amnesty International al Magnificat. 
Nella rubrica #passa_Parola sul settimanale  La Voce di Ferrara-Comacchio  la ricerca di iniezioni di speranza si fa pressante.

Il testo è qui di seguito.

Da dove vengono le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che fanno guerra nelle vostre membra?”.
Di recente ero accanto ad una carissima amica alla presentazione del Rapporto 2023/24 di Amnesty International: un quadro molto preoccupante in cui, in Italia e nel mondo, si sta arretrando gravemente sui temi della libertà, della pace, della giustizia, del rispetto della dignità dell’uomo e della salvaguardia dell’ambiente. Il relatore ha affermato che siamo tornati a livelli di tutela e consapevolezza precedenti al 1948.

Mentre mi chiedevo cosa si può fare, la mia amica si è voltata e mi ha detto “Io sono in crisi anche quando prego. Soprattutto il Magnificat mi fa star male perché tutte le realtà descritte sono al passato: erano già state fatte dal Signore ai tempi di Maria. Eppure ancora oggi non sono realizzate.” Insieme abbiamo constatato che i superbi non risultano dispersi (né fisicamente né nei pensieri del loro cuore), i potenti sono ben saldi sui loro troni ed i ricchi hanno le mani sempre più piene.

Dopo un po’ lei è andata agli esercizi dalle Clarisse alla ricerca del senso del Cammino nella fede e nella storia: spero lo abbia ritrovato.

Io sono sospeso davanti a Giacomo. Sono d'accordo: il problema (e la soluzione?) è dentro ciascuno di noi. Da soli, però, non ce la facciamo: c’è bisogno di comunità vive, di esperienze tangibili capaci di iniezioni di speranza nella concretezza della vita quotidiana. Si accettano segnalazioni. 

13 settembre 2024

#passa_Parola n.2


La Voce di Ferrara-Comacchio questa settimana ospita il secondo contributo intitolato #passa_Parola.
Il titolo della rubrica è un vero e proprio "Hashtag" che in ferrarese si può tradurre in "Ag Stag (Ci sto)": serve anche per trovare sui social le pagine etichettate #passa_Parola.
Fra distrazioni, immagini e anagrammi la riflessione e la ricerca continuano: ecco il testo pubblicato.

Così anche la fede: se non è seguita dalle opere, in sé stessa è morta.”

Questa rubrica mi costringe ad affrontare le prime letture della domenica evitando il rischio di un ascolto distratto durante la Messa. Il nuovo titolo della rubrica ricorda la facilità con cui la Parola passa, scivola sopra di me senza che io possa abbeverarmi a sufficienza: se è così non sarò mai un testimone credibile.

È la sfida di sempre: accogliere per condividere, ricevere per poter donare.

Giacomo (che ho anagrammato in “Amico Go”) mi ricorda che è “Così anche la fede” e invita ad essere una persona attiva, disponibile, capace di realizzare ciò in cui dichiara di credere. Per farlo è importante essere attrezzati per accogliere delusioni, fraintendimenti, cattiverie gratuite o falsi attestati di stima: a volte sono peggio i complimenti esagerati (quindi non reali) di chi non vuole entrare in un vero dialogo rispetto alle critiche motivate di chi coglie limiti e incoerenze in un autentico cammino di approfondimento.

Questo disagio che vivo è rappresentato dall’immagine che accompagna la rubrica di quest’anno: il dito di Dio e quello di Adamo non si toccano. Non c’è automatismo nella fede: quei millimetri di distanza indicano che ognuno ha la possibilità di fermarsi per essere arricchito dalla vicinanza a Dio. Così, secondo me, attraverso le opere "passa" la Parola resa viva nella dimensione concreta di persone che abitano il nostro tempo e spazio. È il GO! del nostro AMICO Giacomo.





 

7 settembre 2024

#passa_Parola n.1

Torno a scrivere sul settimanale "La Voce di Ferrara-Comacchio": 1.500 caratteri alla settimana in continuità con le esperienze degli anni passati ma anche con qualche novità.

Innanzitutto il titolo: #passa_Parola. In questa prima uscita la scelta del nuovo nome della rubrica viene spiegato brevemente: ecco il testo. La Parola (con la P maiuscola) annunciata la domenica va accolta, lasciata crescere, impastata nella nostra vita che assume e trasmette un significato nuovo. Questo è il senso di un “passa Parola” che non è la trasmissione di ordini o  di pubblicità (o pettegolezzi o bugie) ma è il desiderio di camminare oggi, qui dove siamo, accanto a Gesù. Il trattino basso (detto anche “underscore”) rappresenta la necessaria pausa di umiltà, riflessione ed esperienza che rende vitale l'approccio con la Parola.

Il diesis iniziale (ovvero “hashtag”) richiama la bellezza della diffusione che, più correttamente, per noi si chiama condivisione.

La Parola di riferimento è sempre presa, in continuità col “Foglietto in tasca”, dalle prime due letture domenicali.


Qui seguito il primo contributo, sulle letture di domenica 8 settembre.

 “Fratelli miei, la vostra fede nel Signore nostro Gesù Cristo, Signore della gloria, sia immune da favoritismi personali.” 

Ciao Giacomo, sono contento di ritrovarti nelle letture delle domeniche di settembre 2024.
Ti ricordo, insieme a tuo fratello Giovanni, quando avete mollato vostro padre Zebedeo sulle rive del lago e anche quando vostra poppe mamma aveva chiesto per voi un posto rilevante nel consiglio di amministrazione della futura azienda di Gesù.

Da allora hai fatto un sacco di strada sulla via della santità: smentendo tua madre (ma non Gesù che lo aveva preannunciato) hai scoperto col martirio che la vicinanza vera a Gesù ha ricompense che non si misurano col prestigio sociale.

E oggi lo dici chiaramente a me e a chi vuole provare a fare timidi passi di avvicinamento al tuo percorso: i favoritismi personali, le appartenenze, le amicizie interessate, le lobby non appartengono allo stile del cristiano maturo.

È ora di riprendere il filo di una ricerca autentica, come alcune delle mie affezionate lettrici che sono passate da poco proprio a Santiago di Compostela: sulle orme di San Giacomo la nostra conversione è davvero un
Cammino per vedere Gesù nella nostra vita e imparare ad ascoltarlo.


29 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.71

Il Foglietto di Pasqua 2024 è un saluto ed un augurio: un "passaggio" dalla morte alla vita, dall'io al noi, sempre alla ricerca del senso profondo delle esperienze della vita. 
Un senso che si può trovare nelle pietre "scartate dai costruttori". 
Ancora un minuto per leggerlo sul settimanale "La Voce di Ferrara-Comacchio" (che ringrazio per la bellissima esperienza in cui mi ha coinvolto) oppure qui di seguito.
Buon cammino.

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo.”

Pasqua significa tante cose: a me attira l’idea del “passaggio”.

Innanzitutto c’è il riferimento al passaggio dalla morte alla vita: si tratta della Resurrezione di Gesù (che, per chi si professa cristiano, è il fondamento su cui costruire la propria storia) ma c'è anche l'esperienza della natura che ritrova la forza di rigenerarsi.

So che è una banalità, ma mi sembra una constatazione importante: a prescindere dalla sensibilità religiosa è possibile accogliere il risveglio della vita intorno a noi. Succede anche quest'anno: nonostante le incredibili sofferenze e sconvolgimenti a cui noi uomini abbiamo sottoposto il nostro pianeta, la natura è ancora capace di regalarci lo spettacolo della rinascita. Spero di non perdere mai la capacità di accorgermene.

Poi, per me, che ho giocato a basket ed avvicinato diversi giovani allo sport di squadra, il passaggio è il gesto tecnico che trasforma una somma di individui in un gruppo.

In una società sempre più sgretolata, imparare a fare il passaggio giusto agli altri perché possano realizzare il proprio punto è un atto rivoluzionario: è lo stesso cambio di prospettiva del costruire attorno ad una pietra scartata dai costruttori.

Infine, nell'ultimo “foglietto” dovrebbe esserci il passaggio di consegne a chi continuerà questa bella avventura. La “campagna acquisti” da parte della Redazione prosegue fino a settembre: perciò la rubrica va in pausa in attesa di novità autunnali. La curiosità arricchisce i miei ringraziamenti.

Un abbraccio.


 

21 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n. 70

Scrivo in una rubrica del settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio ormai da 3 anni e 2 mesi: una bellissima esperienza che sta per finire. Mi sento un po' come Forrest Gump: dopo aver corso per 3 anni, 2 mesi, 14 giorni e 16 ore si fermò e disse: "Sono un po’ stanchino". Anch'io mi fermo e sono un po' stanchino, ma il vero motivo è un altro e lo si potrà leggere nel "Foglietto in tasca n. 70" (il penultimo). Il testo è disponibile qui di seguito.

"Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza"

Questo “Foglietto in Tasca” è il penultimo che scrivo: a Pasqua interromperò la mia collaborazione con “La Voce di Ferrara-Comacchio”. Il motivo è semplice: ho deciso di candidarmi in una lista alle elezioni comunali. Non voglio, perciò, che si possano creare ambiguità di ruoli fra chi assume una posizione “di parte” e chi propone riflessioni più o meno profonde sul settimanale cattolico: io spero di essere sempre me stesso ma non voglio mettere in imbarazzo nessuno.

La volontà di mettermi al servizio, che mi ha spinto a tentare di scrivere qualcosa di sensato ogni settimana, è la stessa che metto alla prova nel campo della politica (che già Paolo VI ha definito “la più alta forma di carità”) per il bene della mia città: so benissimo che si tratta di stare dentro a conflitti e posizioni che inevitabilmente possono venire fraintese e strumentalizzate.

Il 29 gennaio 2021 ho ereditato le “Fantasticherie sul Vangelo della domenica” e ne ho scritte 62. Poi a settembre del 2022 è nato “Il Foglietto in Tasca” che raggiunge 71 uscite. In totale 133 pezzi da 1.500 caratteri l’uno: 199.500 caratteri che si possono arrotondare a 200.000. 
Ogni battuta di queste 200.000 è un grazie a chi mi ha sopportato ed accompagnato: sono tre anni che mi hanno aiutato a scavare un po’ di più nella Parola, con la consapevolezza dei doni e dei limiti che incontro ogni giorno.

Spero di non opporre troppa resistenza a Dio che mi apre l’orecchio.

18 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.69


Questa settimana la frase che avevo già scritto sul foglietto (che tenevo in tasca) mi ha fatto compagnia in una  sala d'aspetto della sanità pubblica.
Quasi una "presa diretta" sulla realtà, senza filtri: con la voglia non tanto di cercare risposte quanto di fare le domande giuste.
Per chi non ha potuto leggerlo sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio riporto qui di seguito il testo: come sempre basta un minuto.

Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.”

Questo foglietto è in tasca anche adesso mentre aspetto il mio turno: sono al CAU, l’ambulatorio per le urgenze non gravi. Rassicuro le mie lettrici più affezionate (le più giovani adultissime di Ponte): non è niente di particolare, altrimenti sarei andato al Pronto Soccorso. Non lontano da me una signora piange singhiozzando sopraffatta dal dolore: il compagno non riesce a consolarla a dimostrazione che la gravità non ha una definizione oggettiva.

Vorrei dire qualcosa per rincuorare lei e anche chi si lamenta dei lunghi tempi dì attesa ma ogni parola mi sembra vuota: rimango, così, a scrivere sullo smartphone. Ogni tanto alzo lo sguardo e cerco di incrociare altri occhi per lanciare almeno un piccolo sorriso di vicinanza: difficile anche quello.

La signora in lacrime è entrata nell'ambulatorio: provo a rileggere la frase che ho scelto dal libro di Geremia.

Tutte le persone qui attorno a me conoscono il Signore e i loro peccati sono già stati perdonati: chissà se lo sanno, chissà se hanno assaporato la tenerezza di un Dio che non castiga ma usa misericordia. Sento la mia fragilità, la frustrazione di non riuscire a fare altro che rifugiarmi nella preghiera silenziosa.

Tocca a me. Da qualche minuto la signora che piangeva è uscita con lo sguardo rilassato accanto al suo compagno: forse sono io che ho poca fede.


11 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.68

Una reazione al "Foglietto n. 67" mi aiuta a rendermi conto che il cervello è importante ma non va considerato più di quello che è:  secondo la mia amica Marisa (nome di fantasia) è solo un magazzino.
La proposta (accolta) è quella di riconoscere il ruolo del cuore.
Chi vuole saperne di più può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.”

Puntuale come la lettera della Regione che mi segnala che non ho pagato il bollo auto dell'anno scorso (con relativo sovrapprezzo) è arrivato un commento critico al “foglietto” della settimana scorsa.

Aspettavo ed auspicavo contributi e infatti Marisa (nome di fantasia) mi ha scritto così: “Non sono d'accordo con quello che hai scritto questa settimana: non hai bisogno di svuotare il cervello, non è lì che trovano posto le cose importanti. Il cervello è solo il magazzino di prima raccolta, ogni tanto devi scremare quello che conta davvero e metterlo nel cuore: è da lì che si muovono le azioni e i sentimenti della nostra vita. Non essere troppo cerebrale e lascia che sia il cuore a guidarti: colloca lì la tua fede che, se ci credi, non è una regola ma è l'amicizia con Gesù”.

Grazie Marisa, mi hai dato uno spunto importante per gli ultimi “foglietti” che portano al termine della mia collaborazione a questa rubrica. Dopo un foglietto sul cervello potrei farne uno sul cuore e uno sulla pancia, seguendo una ripartizione molto usata nella comunicazione pubblica.

Ecco, quindi, il testo sul cuore con le parole speciali di Marisa (che ringrazio).

Alle sue riflessioni posso aggiungere che il cuore è il luogo della gratuità che va accolta nel dono di Dio: ne parla la lettera di Paolo agli Efesini. Sarebbe bello che diventasse un modo di affrontare la vita in pienezza.


7 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.67

Quando il cervello è pieno di cose da dove posso cominciare a fare un po' di spazio alle parole davvero importanti?
Quale criterio per individuare ciò che non è veramente necessario?
Benvenuti nel garage di casa mia, simbolo di una ricerca sempre attuale: su La Voce di Ferrara-Comacchio e qui di seguito nel "Foglietto in tasca n.67"... aspetto anche qualche consiglio.

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole:..”

Non so se è una sensazione comune: a volte mi capita di avere il cervello talmente pieno di cose da sembrare vuoto. Lo immagino come il garage di casa mia al termine dell’ultimo trasloco: tutto era stato predisposto in base a criteri precisi che, alla prova dei fatti, ha retto solo parzialmente. Così, nell’imprevisto causato da una mia distrazione, lo scatolone con alcuni quaderni di appunti personali non ha trovato posto in casa ed è scomparso tra gli attrezzi per riparare la bici, le tende da campeggio e i palloni da gonfiare.

L’ho ritrovato quando abbiamo fatto un po' d'ordine, scoprendo che non tutto è necessario. Fino a quel momento non c’era posto per altro: il mio garage, come il mio cervello ora, era “un pieno vuoto”, un luogo impermeabile a nuovi ingressi.

Così, oggi, mi chiedo: cosa posso eliminare nel mio cervello per fare posto a Dio che, dopo i due punti del libro dell'Esodo, pronuncia parole che vorrei trovassero spazio?

Faccio fatica a scegliere, tutte le realtà che mi coinvolgono mi si presentano sullo stesso piano: la famiglia, lo svago, l'impegno sociale, la cura delle relazioni, la musica, la politica, lo sport…da dove comincio?

Proverò a ricavarmi uno spazio e un tempo per andare più in profondità, sperando, come mi è capitato altre volte, di riuscire a trovare la via giusta.

Percorrerò il sentiero della preghiera, dell’ascolto, della ricerca: in più mi piacerebbe avere consigli da qualcuno dei miei affezionati lettori.



27 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n.66

Abramo torna a provocarmi con la sua storia di fiducia, viaggi, abbandono e promesse realizzate per il futuro.
Il ricordo di una canzone su di lui mi riporta alla realtà.  Dove possiamo trovare oggi il senso del viaggio? Perché partire? Abramo è ancora in giro, ai giorni nostri?
Il n° 66 del "Foglietto in tasca" si trova su La Voce di Ferrara-Comacchio e si può leggere qui di seguito.

«Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Abramo è un punto fermo nella storia e nella fede di molti popoli: il prototipo di chi si affida al proprio Dio ed è pronto a mettersi in discussione, a partire, a rinunciare a quello che possiede ed a quello che ha avuto in dono.

Mentre scrivo mi torna in mente la canzone “Esci dalla tua terra”: nel mio passato di animatore l’avevo trasformata in quadri viventi in cui le persone coinvolte ricoprivano i vari ruoli narrati nelle strofe (l'ho fatto persino coi seminaristi: ricordo con particolare emozione quel momento).

Mi ritorna una frase che mi lasciava perplesso: “Partire non è tutto, certamente c'è chi parte e non dà niente, cerca solo libertà.”

Non conosco l'autore né il contesto in cui ha scritto questa canzone: trovo, però, che non si possa sostenere che chi cerca la libertà non dà niente. Sinceramente mi sembra esattamente il contrario: credo che la ricerca della libertà sia un atteggiamento pienamente inserito nella fame e sete di giustizia, una delle beatitudini proclamate da Gesù.

Oggi, poi, non si può sminuire il senso di essere costretti a mettersi in viaggio: la migrazione indotta dalle guerre e dallo sfruttamento indiscriminato delle persone e dell'ambiente è sotto gli occhi di tutti.

Forse oggi Abramo lo troviamo fra chi affronta un viaggio spinto dalla disperazione che lo fa uscire dalla sua terra, mettendo a rischio la vita e le persone della propria famiglia.


20 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n. 65

Inizio la Quaresima nel segno della ricerca che è, secondo me, la caratteristica del cammino di fede.

E' difficile spiegarlo a chi è convinto che la fede fornisca regole certe da seguire senza partecipazione affettiva e spirito critico: è difficile soprattutto quando chi sostiene questo si dimostra inamovibile nelle sue certezze. Io so, invece, di avere tanti dubbi che mi stimolano a riflettere sulla mia vita.
Bastano 60 secondi per leggere "Il Foglietto in tasca n.65"pubblicato su La Voce di Ferrara-Comacchio  e riportato integralmente qui di seguito. 

O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.”

Riporto per intero la preghiera (Colletta) che introduce le letture della prima domenica di Quaresima.

Non c'è pausa nella vita di fede. Sarei rimasto volentieri seduto a contemplare Gesù bambino nella grotta assaporando la tenerezza del Natale: invece devo alzarmi, convertirmi, crescere nella conoscenza, testimoniare. 
Ho scritto “devo” come se fosse una regola morale: in realtà è più corretto “posso” poiché si tratta di una proposta a cui decido se aderire o no.

Ho sempre vissuto la fede come uno stimolo a mettermi in ricerca, un cammino da imparare strada facendo con pochi grandi punti fermi e tanti segnali da interpretare. 
In positivo è un’opportunità fantastica per rimanere giovani, in negativo è la certezza di non trovare mai un punto d’arrivo definitivo.

Incontro amici che si dichiarano atei e sostengono che la fede sia una solidità granitica che anestetizza lo spirito critico: provo a convincerli che non è così ma loro (con la solidità granitica che vorrebbero trovare in me) sostengono di avere ragione. 
Non so, onestamente, se nella loro vita quotidiana hanno così tanti dubbi come ne ho io.

La soluzione a questa disputa in realtà è molto concreta ed è scolpita nell’ultima frase della Colletta: avere “una degna condotta di vita”. 
Questa, penso, è la vera ricerca, (molto pratica) che può unire credenti e atei.

11 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n.64

San Paolo agiva senza cercare il proprio interesse: un atteggiamento controcorrente ai suoi tempi e anche ai nostri. Anzi, i dati dell'economia mondiale e locale confermano sempre più l'idea che chi ha la ricchezza ed il potere  fa soprattutto i suoi interessi senza considerare i bisogni degli altri. 
Forse è necessario farsi qualche domanda su come ci stiamo comportando e se è possibile trovare un rimedio.
Come ogni settimana "Il Foglietto in tasca" è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e si può leggere integralmente qui di seguito.

...senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.”

San Paolo, in Paradiso, dopo aver riletto questa sua frase, scritta ai Corinzi quasi due millenni fa, si è preso una pausa ed è andato a fare un giro su Internet.

Curioso di vedere com'è la situazione nel mondo a inizio 2024 ha scoperto che l’obiettivo principale delle persone che gestiscono le risorse del nostro pianeta è esattamente il contrario.

Non importa se sono credenti o no, non è chiaro a quale salvezza intendano giungere: il dato di fatto è che oggi nel mondo l’1% più ricco possiede il 43% di tutta la ricchezza disponibile.

Il rapporto Oxfam esplicita che i cinque uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, passando da 405 miliardi di dollari a 869 miliardi di dollari, mentre la ricchezza del 60% più povero, quasi cinque miliardi di persone, è, al contrario, diminuita.

Poiché Paolo ha a cuore il nostro paese (dove fu decapitato) continua a leggere il report mondiale e scopre che in Italia siamo sostanzialmente allineati: il 5% delle famiglie più ricche possiede il 46% della ricchezza totale.

È così che l’apostolo delle genti ha cercato di contattare un po’ di persone che vivono attualmente sulla terra generando un’ispirazione che aiuti a riflettere sulla china in cui ci siamo infilati.

A me ha messo un foglietto (!) che ho trovato stamattina nella Bibbia proprio sulla lettura di domenica 11 febbraio 2024. Sopra c’è scritto: “Sei sicuro di fare tutto quello che puoi?”


4 febbraio 2024

Il Foglietto in Tasca n.63


Giobbe mi mette di fronte alle notti che, nella sofferenza, si fanno lunghe.
Don Alessandro Denti ,nel pieno del suo calvario, regala spiragli di vera luce. 
Per fortuna non sono solo e posso affrontare il cammino quotidiano appoggiandomi su chi ha già fatto tanta strada e raggiunto il traguardo finale.
Si può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure nel testo riportato qui di seguito.

Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.

Giobbe mi provoca, mi affascina e spaventa, mi attira e respinge: lo trovo vicino nella tragedia di vivere che incontro nei grandi drammi del mondo e nelle sofferenze del mio cammino quotidiano. Giobbe è attorno e dentro di me: lo sento racchiuso nel respiro rilassato del cucciolo d’uomo che mi si è appena addormentato in braccio alle soglie dell'alba.

Dovrei scrivere qualcosa anche questa settimana ma non trovo nulla che abbia senso di fronte al baratro del testo di Giobbe: ho solo frasi retoriche come quelle che ho appena scritto.

Per fortuna ho dei “ganci in mezzo al cielo” a cui attaccarmi: santi che ho conosciuto e che mi accompagnano con la forza della fede vissuta attraverso le fatiche e i drammi inspiegabili della vita.

In questi giorni sto leggendo “Tutto passa, solo l’amore resta” in cui ho ritrovato Don Alessandro Denti: lui può certamente aiutare me e chi legge queste righe a entrare pienamente nella Parola che ci arriva attraverso Giobbe.

Il 26 marzo 2016, pochi giorni prima della sua “morte corporale”, ha scritto alla comunità di Malborghetto:

In questa notte e giorno di Pasqua un solo augurio: le nostre ferite, le nostre fragilità possano diventare delle fessure che, nel tempo della fatica e della prova, la luce di Gesù risorto trasformi piano piano, insegnandoci ad abitarle, in nuove sorgenti di amore, di vita e di pace. Che tutte le nostre fatiche, lacrime e notti buie possano essere embrioni di lampadine per un nuovo inizio.”


 

29 gennaio 2024

Il Foglietto in tasca n.62

Massa e Meriba (citati nel Salmo di questa settimana)sono luoghi geografici, fisici, fantastici, interiori: uno stimolo ideale  per cercare, ancora una volta, il significato delle esperienze di una semplice vita di provincia. 
Meno di un minuto di lettura: La Voce di Ferrara-Comacchio questa settimana mi ha concesso meno spazio del solito 😉

Il testo è leggibile anche qui di seguito.

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa».” 
Ogni volta che incontro questa frase le parole Massa e Meriba mi distraggono: so che accadrà anche alla Messa del 28 gennaio.

Massa rinnoverà il senso di colpa per non avere mai studiato seriamente la Fisica. Mi perderò dietro i ricordi del Liceo, di come sia stato fantastico, per me, avere rapporti umani ricchi facendo finta di studiare. Più avanti ho scoperto di avere raccolto dei semi preziosi che ancora adesso producono frutti inattesi.

Poi andrò dietro alla suggestione del nome di un pilota di Formula Uno, o al pensiero di chi conosco che abita o lavora a Massa Fiscaglia. Chissà come stanno dopo che il nome ufficiale del loro paese ha perso proprio “la Massa” nella fusione con Migliaro e Migliarino?

Forse il giorno di Massa è stato proprio così: la gente invece di ascoltare e apprezzare il momento che stava vivendo ha inseguito i suoi pensieri e, facendo “massa acritica”, ha finito per mettere in dubbio la capacità di Dio.

Allora come ora, per fortuna, la pazienza del Signore è enormemente più forte della nostra debolezza.

Avrei voluto scrivere anche di Meriba, ma questa settimana la Redazione mi ha concesso meno spazio del solito…😉

 

20 gennaio 2024

Il Foglietto in tasca n.61

Il racconto  del Libro di Giona ci mostra Dio che cambia opinione  e decide di salvare gli abitanti di Ninive. Un'apparente fragilità diventa una forza: un'idea che avevo già espresso con una piccola poesia scritta anni fa e ritrovata in questi giorni.
Si può leggere nel "Foglietto in tasca n.61" su  La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

I cittadini di Nìnive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, grandi e piccoli. Dio vide le loro opere, che cioè si erano convertiti dalla loro condotta malvagia, e Dio si ravvide riguardo al male che aveva minacciato di fare loro e non lo fece. 
Sto rimettendo in ordine i miei diversi quaderni, agende, raccoglitori dove ho scritto negli anni cose di vario genere: riflessioni, pezzi di diario, poesiole, appunti di riunioni, frasi raccolte qua e là, stimoli da esercizi spirituali. 
È un lavoro lungo e difficile per il tempo che richiede e per la valanga di emozioni che scatena.
Ho trovato una specie di poesia che ho scritto una decina d'anni fa proprio sul brano del Libro di Giona che si legge nella messa di domenica 21 gennaio 2024. 
Eccola.

Dio mi è vicino,

prima ancora di incarnarsi in un bambino:

entra nelle parole di Giona,

la gente lo ascolta e subito raGiona.

Dio mi sta accanto,

nella gioia del canto

e nel dramma del pianto:

nel digiuno di tutti

che produce i suoi frutti.

Dio è divino ed anche umano

e offre la sua mano:

crede nell’uomo con pazienza

e si fida contro ogni evidenza.

Guarda ognuno in faccia:

lo ama e ritira la sua minaccia.

Dio cambia il finale

e sconfigge con l'amore il male:

per questo è misericordioso

invece che permaloso.

È un Padre che dimostra di amarmi,

una Madre che sa ascoltarmi:

il Dio degli eserciti è andato via

per fare posto al Dio dell'armonia.



13 gennaio 2024

Il Foglietto in tasca n. 60


Finita la pausa natalizia torna il "Foglietto in tasca": sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio sono arrivato al n. 60!
Questa settimana uno strano incrocio fra Samuele e il Pampepato di casa mia produce esiti inattesi.

Qui il testo: buona lettura!

«In quei giorni, il giovane Samuele serviva il Signore alla presenza di Eli. La parola del Signore era rara in quei giorni, le visioni non erano frequenti.»

Sembra che dai tempi di Samuele la situazione non sia cambiata.

A caldo direi che anche oggi la parola del Signore è rara, basta un rapido sguardo in giro per vedere il disastro che ci circonda: nel piccolo di una borgata e nel grande di un pianeta gravemente malato.

Poi mi rendo conto che non è così: ai tempi di Samuele, Gesù non era ancora venuto.

Oggi abbiamo già ricevuto il dono dell’incarnazione, della morte in croce, della resurrezione e dello Spirito. Onestamente non si può dire che la parola del Signore manchi: gli aiuti per vivere alla grande” ci sono tutti, dipende da noi usarli o no.

Quando la mia famiglia si riunisce per fare il Pampepato, secondo l’antica ricetta ereditata da mia madre, sulla tavola ci sono tutti gli ingredienti. Se il risultato è scadente vuol dire che abbiamo sbagliato noi a impastare, a sbattere, a dare la forma, a cuocere, a mettere alla nebbia, a ricoprire col cioccolato. Siamo noi che possiamo trascurare o dosare male gli ingredienti (fra cui spicca il Macis che mia madre comprava dai “Grisùn”); sempre noi rischiamo di mettere poca passione, attenzione, disponibilità al lavoro di gruppo.

Forse la vita è proprio la ricerca di buoni sapori da mettere insieme nella ricchezza di relazioni profonde, per cogliere le parole e le visioni che possiamo incontrare.

Così, in ogni stagione, si potrà fare il miglior dolce da regalare agli altri.