31 gennaio 2017

ULTIMA NOTA: COINCIDENZE E SCALO. L’UNICA CERTEZZA È LA FRAGILITÀ.

Sul volo Istanbul - Bologna (la coincidenza che ci aspettava ad uno scalo) il primo contatto con l'Italia è stato un piacevole viaggio con una bella persona di Bologna: due ore di scambi di opinioni e racconti con un mio coetaneo in viaggio di lavoro.
Ho avuto la conferma che è ancora possibile, da sconosciuti, sperimentare la sintonia e la voglia di condividere idee ed esperienze sui nostri mondi. Storie che, partendo dal nostro essere individui, creano sintonia e senso di comunità.
Da noi si dice “attaccare pezza” e, visti da fuori, stavamo reciprocamente facendo proprio questo: le pezze, però, aggiustano, ricompattano e, usate bene, possono anche lenire il dolore.
Il mio ritorno in Italia è stato anche questo fatto non casuale (una coincidenza e uno scalo dove i sentieri si incontrano): la conferma che siamo meglio di come ci rappresentiamo.

La coincidenza permette di sovrapporre superfici identiche: l’impronta del corpo steso sulla sabbia, la mano appoggiata su un’altra che è bianca sotto e nera sopra, lo scambio di indumenti con qualcuno che li può indossare (un figlio con la testa chiara come il giorno in cui è nato)
Fare scalo, fare le scale: non quelle fra un piano e l’altro di un palazzo ma quelle che si snodano sul pianoforte creando automatismi e velocità senza intoppi o intrecci impropri di dita.
Con la chitarra non ho mai fatto le scale: strimpello accordi grattugiando le corde con plettri sempre troppo duri.
Col piano, invece, ho vissuto anche una breve stagione di scale per migliorare la tecnica e la padronanza dello strumento.

Scali e scale sono la sintesi delle coincidenze di questo viaggio: una sintesi “a freddo” nell’azzurro cielo sottozero dell’inizio 2017 della bassa padana.
Si può salire e scendere, cambiare compagni di strada, interrompersi, ridisegnare la vita in un singolo istante, ripartire, non ritrovarsi più.
Le coincidenze che mi vogliono vivo e sano nonostante infiniti incroci sono le stesse che mi mettono di fronte all’idea di quanta gente non potrò più incontrare fisicamente.
Il viaggio non è mai solo quello fisico e c’è il dramma sempre dietro l’angolo: l’unica certezza con cui facciamo i conti è la nostra fragilità.
Non generalizzo, parlo di me che giro con un’agenda piena di nomi e numeri e con un album di fotografie sullo smartphone: le devo mostrare per confermare la realtà delle esperienze. Le riguardo e mi soffermo a pensare quanto vorrei condividerle davvero, in profondità, partendo dai tanti che ora non regalano più il loro sorriso.
Le dita sul piano si intrigano: è il segno che le scale non fanno per me.
Più opportuno uno scalo “allo scopo di compiere operazioni di carico e di scarico, di rifornimento, manutenzione” per ripartire ancora.
Le nuove sfide sono già dietro l’angolo. 
Tra Mkwawa che combatteva nemici visibili e Peter che affronta quelli invisibili della tubercolosi e dell’indifferenza c’è una strada anche per me: l’unica certezza con cui faccio i conti è la mia fragilità che ha senso solo condivisa con le tante fragilità di chi, vicino o lontano, cammina insieme a me.
Per questo la  foto di oggi è un arrivederci dal Dala Dala della Nyumba Ali.


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