11 gennaio 2017

Nota biografica: da un capo all'altro, sempre in ricerca

Erano 4 anni che desideravo vedere il teschio di Mkwawa: il capo degli Hehe (la tribù degli abitanti di Iringa) capace di resistere otto anni agli attacchi delle truppe tedesche sul finire del 19° secolo. 
È un eroe locale, capace di sconfiggere i germanici con l'uso di armi tradizionali nella famosa battaglia di Lugalo nel 1891 e di tenerli in scacco con azioni di guerriglia fino al 19 luglio 1898 quando, ormai braccato nelle foreste attorno a Kalenga, preferì suicidarsi sparandosi in testa ( nel frattempo aveva avuto fucili in regalo da un arabo e se ne era costruito uno con le sue mani). 
I tedeschi gli tagliarono la testa per dimostrare che era morto davvero. Il suo teschio, poi, è entrato nei trattati di Versailles del 1919 ed i tedeschi si sono impegnati a restituire al suo popolo il cranio del capo. 
Così dal 1954 nell'apposito museo di Kalenga (mezz'ora di strada dalla Nyumba Ali) la testa del capo indiscusso degli Hehe fa mostra di sé. 
Un suo nipote è stato portavoce della Camera nel primo parlamento eletto con Nyerere e nel museo si vede una sua foto mentre visita la Fiat a Torino. 
Un altro pronipote (avrà 14 anni) fotografato ai giorni nostri alla scuola internazionale di Iringa è il legittimo successore di Mkwawa. 
Come facciano a individuare gli eredi del mitico capo rimane un mistero, dato che il nostro aveva 63 mogli: la guida del museo illustra con dovizia di dettagli come riuscisse a tenerle tutte controllate attraverso pozioni che faceva mescolare ed assaggiare e, a seconda dell'effetto, risultava chi lo tradiva o no. 
Noi abbiamo sorriso e chiesto alla guida se ci crede e lui ha detto: "adesso no, ma allora funzionava"


Siamo così anche noi: bombardati di stimoli e di informazioni ridondanti a volte ci rifugiamo nella superstizione o nell'investimento acritico in forme irrazionali di risposte a poco prezzo.
La fatica della ricerca della libertà e della verità ci dovrebbe coinvolgere senza scorciatoie. 

Lasciando stare la pancia, che non ci porta da nessuna parte, penso dovremmo collegare testa, cuore e ricerca spirituale facendoli convergere nel punto più profondo che è la straordinaria unicità di ciascuno.
Il buco in cima al teschio di Mkwawa (si vede nella foto?) è lo spiraglio per provare a guardare più spesso in alto, prima, durante e dopo ogni sfida che siamo chiamati ad affrontare.


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