“Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.”
Mentre leggevo questo brano della lettera di Giacomo mi è apparso davanti il me stesso di quattordici anni. Ho fatto un po' fatica a riconoscermi: anche lui mi ha scrutato con la curiosità di chi cerca conferme.
Esauriti i convenevoli mi ha dato una pacca sulla spalla dicendomi "Per favore non dirmi nulla sulle fatiche della vita, su come sei diventato quello che sei: evita la lista dei passaggi che ti hanno cambiato. Voglio scoprire da solo la mia strada, senza sconti o anticipazioni.”
Non ricordavo di essere capace di toccare subito i punti dolenti, di rivelare un atteggiamento che ho assunto negli anni e che mi rende perfettamente assimilabile a molti degli adulti che ho incontrato quando ero adolescente. Mi riferisco al gusto di porre davanti ai giovani le difficoltà, le incoerenze, la mancanza di costanza: sembra quasi di provare piacere nello scoraggiarli gettando loro addosso le mie esperienze negative.
Il desiderio di metterli in guardia, di inviare segnali di pericolo in realtà trasforma l’esperienza in sfiducia giudicante.
Non
avevo più parole da dire: mi è venuto naturale partire con uno di
quegli abbracci terapeutici che conosco adesso e ignoravo da ragazzo.
Venti
secondi ben stretti stimolano la produzione di ossitocina e di
endorfine: sento il suo respiro caldo, la consistenza del suo corpo
(è alto quasi come me), il battito del cuore che lentamente si
accorda sullo stesso ritmo del mio.
Venti
secondi che rinfrancano nel cammino di ogni giorno.
2 commenti:
Sei sempre un grande. Da genitore, grazie!
Bravo Patrizio. Bella l'idea di reincontrare sè stesso da adolescente. Ci ho provato, come adulto (molto) il mè stesso da adolescente non mi sopporta. Purtroppo, mi rivedo in questo atteggiamento. Mi piace pensare che sia normale, tu cosa ne pensi ? Grazie, saluti a te e famiglia.
Mario
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