26 dicembre 2025

#passa_Parola n.58

La Voce di Ferrara-Comacchio prima del meritato riposo natalizio (tornerà il 16 gennaio) pubblica un testo che in tanti aspettavamo: la giusta interpretazione del brano della lettera di Paolo ai Colossesi    “Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza.”

Si può leggere, oltre che nella rubrica #passa_Parola, qui di seguito.

Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non trattatele con durezza.”

Questo passaggio della lettera di Paolo ai Colossesi è da sempre fonte di dibattiti che a volte rischiano di degenerare in litigi.

Cercavo una chiave di lettura per far sì che questa Parola passasse veramente attraverso la mia vita, ma non ne trovavo nessuna. Poi è successo che ho fatto un viaggio lampo a Roma: così sono andato sotto la statua di Paolo in Piazza San Pietro e mi sono rivolto direttamente a lui: “Non sei stanco di tenere in mano quella spada? Sarebbe ora di dire che la spada non ha mai convertito nessuno, nemmeno ai tuoi tempi se la brandivi tu? Poi, già che ci sei, spiegami una volta per tutte quella storia delle mogli sottomesse ai mariti...e comunque ricordati che ti voglio bene!”

La notte stessa mi è apparso in sogno. Aveva in mano un pezzo di stoffa che stava rammendando e mi ha detto: “Grazie, ti voglio bene anch’io. Hai ragione, mi piacerebbe che invece della spada mi venisse riconosciuto come simbolo il filo che rammenda. È stato Gesù a dire di riporre la spada: valeva nel Getsemani e vale per sempre.

La lettera ai Colossesi la dettavo a Timoteo. La frase era “Voi mogli siate una cosa sola coi vostri mariti, come c’è scritto nella Genesi” e lo stesso dicevo ai mariti.

C’era un po’ di rumore di telai, si vede che c'è stato qualche fraintendimento: quando la lettera è partita non ho più potuto correggerla. Adesso che lo sai ti autorizzo a farlo sapere in giro.”

Io ci provo.

 

20 dicembre 2025

#passa_Parola n.57

Il desiderio  di avere mani innocenti e cuore puro e di individuare gli idoli che distraggono dalla verità mi aiutano ad avvicinarmi a questo Natale.
Sarà un "Natale di  ripartenza"?
Lo auguro a me e a tutti nella fiducia che è possibile salire il monte del Signore:
l'esempio di Francesco "Checco" Molinaro lo dimostra.
#passa_Parola n.57 si legge sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio che precede il Natale e anche qui di seguito. 

Chi potrà salire il monte del Signore? Chi potrà stare nel suo luogo santo?

Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non si rivolge agli idoli.”

Nella domenica che precede il Natale ogni pensiero si colora di fiducia: Dio è in mezzo a noi. La sua onnipotenza si è fatta vicina nella fragilità di un bambino, nella realtà concreta della sua crescita, nel suo cammino fra gli uomini e le donne fino alla morte in croce e alla resurrezione. Mettere in fila queste parole è facile, può sembrare una formula imparata a memoria: le rileggo e mi rendo conto di quanta strada devo ancora fare per crederci davvero e, soprattutto, per allineare la mia vita a quello che dichiaro.

Il salmo 23 che proclameremo insieme nelle Messe del 21 dicembre, aiuta a fare un passo avanti evidenziando che la vicinanza al Signore si ottiene con mani innocenti e cuore puro, senza rivolgersi agli idoli.

Dedicherò qualche minuto a segnare su un foglietto quali sono gli idoli che mi attirano: è un esercizio, anche questo, apparentemente semplice ma l’ultima volta che l’ho fatto mi ha riservato diverse sorprese.

Per le mani innocenti e il cuore puro, invece, cerco di accogliere le esperienze quotidiane che mi propongono testimoni veri. Uno speciale l’abbiamo salutato qualche giorno fa: Checco Molinaro. Amava far fatica in montagna, ma la sua vita accanto agli ultimi è la funivia che lo ha fatto salire immediatamente in cima al monte del Signore.

Insieme a lui festeggio il “Natale di ripartenza" che auguro a ogni persona che legge queste righe.

 

12 dicembre 2025

#passa_Parola n. 56

La lettera di Giacomo propone un atteggiamento importante nella vita di ogni uomo: la costanza. Prendendo spunto dall'esperienza dell'agricoltore c'è un insegnamento anche per noi, gente del terzo millennio.
Mentre scrivevo mi è venuto uno slancio di assonanze: non ho resistito e ho scritto questa frase "Nella sostanza della costanza so che costa sostare in quella stanza, ma la conoscenza dell’amore diventa l’urgenza della presenza, della presa di coscienza: dell’impegno, di cui non puoi fare senza.".
Spero che i miei lettori mi perdoneranno compreso quello che qualche giorno fa mi ha detto che a volte fa fatica a capire quello che scrivo...

#passa_Parola n. 56 si può leggere sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

Guardate l’agricoltore: egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina.”

San Giacomo, con un esempio efficace e diretto aiuta a fare passi avanti nel cammino verso il Natale. Siamo nella vita concreta, nella fatica dei campi, duemila anni fa come oggi: fatica che richiede rispetto della natura, dei tempi giusti per l’uomo e per l’ambiente.

C’è, poi, il ripetuto richiamo alla costanza che si presenta come una vera e propria provocazione. Nella società del “tutto e subito”, incentrata sull’appagamento immediato delle pulsioni individuali, che valore ha la costanza? “La goccia che fa traboccare il vaso” è senz’altro più di moda rispetto a “Gutta cavat lapidem” (lo scrivo in latino apposta per stimolare la costanza nel mantenere l’attenzione di chi legge queste righe).

Andare avanti nonostante le delusioni, “tenere botta", rialzarsi, riannodare i fili di relazioni interrotte sono ancora atti rivoluzionari che distinguono gli uomini di buona volontà. Credenti o no sono quelli di cui parla l’inizio del Gloria: uomini e donne che giustamente, ora vengono definiti “amati dal Signore".

Nella sostanza della costanza so che costa sostare in quella stanza, ma la conoscenza dell’amore diventa l’urgenza della presenza, della presa di coscienza: dell’impegno, di cui non puoi fare senza.

Chi vuole può ascoltare “Goccia dopo goccia” scoprendo la profondità di alcuni canti dello “Zecchino d’oro”.

 

3 dicembre 2025

#passa_Parola n. 55

Tra virgulti, tronchi, germogli  e rami: attraverso Isaia la natura propone stimoli e riflessioni.
Qualcosa di nuovo cresce nonostante l'incuria dell'uomo: sono capace di accorgermene?
Chi posso prendere come esempio?
La Voce di Ferrara-Comacchio nella seconda settimana di Avvento pubblica #passa_Parola n. 55: il testo integrale si può leggere anche qui.


In quel giorno, un germoglio spunterà dal tronco di Iesse,
un virgulto germoglierà dalle sue radici.”

Quel giorno di cui parla Isaia è oggi, è il tempo che ci è donato: quello in cui aprire gli occhi, le orecchie, il cuore per accogliere il virgulto che sta spuntando dalle radici della nostra storia.

Il virgulto è un germoglio, una pianta giovane, un ramo sottile che si protende verso il cielo: è quello che vedo nel cortile del palazzo di periferia in cui abito. Spuntato dai resti di un albero malato che è stato abbattuto, ha la forza e l'imprevedibilità della vita che esplode nonostante l’incuria dell'uomo.

Io stesso sono già un albero con qualche anno sotto la corteccia e mi chiedo se favorisco la crescita di nuovi virgulti o se, invece, con la mia presenza ingombrante, soffoco ogni novità che mi spunta intorno. Non so dare una risposta se non provare ad affidarmi a Dio chiedendo la forza e la fiducia per vedere, accogliere e accompagnare ciò che di nuovo sta nascendo.

Cerco, perciò, chi mi può essere di esempio: i testimoni veri con cui ho avuto la fortuna di fare un po’ di strada. Penso a Luisa, la mamma di Laura Vincenzi che da poco si è ricongiunta con sua figlia in Paradiso: l’ho conosciuta come un concentrato di forza e mitezza capace tenere insieme, nella gioia e nella sofferenza, tante persone dentro e fuori dalla sua famiglia. Donne e uomini come lei rappresentano il tronco su cui tanti virgulti prendono forza: la santità nella concretezza della vita quotidiana che, senza proclami, dà vita a giovani piante che sanno innalzarsi oltre le nuvole.


29 novembre 2025

#passa_Parola n.54

Inizia l'Avvento e io mi sento un “avventizio”, quello che, in un posto di lavoro, è in prova e cerca di imparare dai più esperti.
Una consapevolezza da approfondire per essere sempre più pronto a rinnovare l'esperienza della vita quotidiana.
Gli abituali millecinquecento caratteri scritti sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  si possono leggere anche qui di seguito.

Fratelli, questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.”

Inizia l’Avvento e l’invito di San Paolo a svegliarsi è quanto mai opportuno. Svegliarsi è un po’ come rinascere, desiderosi di mettersi in gioco con un’attenzione e un entusiasmo che il sonno non consente..

Siamo in Avvento e mi sento un “avventizio”, quello che, in un posto di lavoro, è in prova e cerca di imparare dai più esperti. Anche il dizionario Treccani online, fra tanto significati tecnici, indica avventizio come “instabile, incerto, provvisorio”. Essere avventizio, perciò, è stare pienamente nella dinamica di ricerca che, secondo me, descrive la vita quotidiana di chi prova a camminare accanto a Gesù.

Ma non c’è solo la precarietà: avventizie sono anche “gemme che non si formano nelle sedi normali della pianta (ascelle delle foglie o apice dei rami) ma si originano, anche casualmente, in altre sedi della pianta.”

Ecco come vorrei vivere questo Avvento del 2025: sveglio dal sonno, consapevole del momento e dei miei limiti e, contemporaneamente, capace di sorprendermi per le gemme che ritrovo in luoghi inattesi. Il tutto con la consapevolezza di non vagare invano perché è l’Avvento di un tempo nuovo che è già qui e, contemporaneamente, mi chiama in causa per realizzarsi nella sua pienezza. Non è una speranza: è la certezza che “la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti”.

22 novembre 2025

#passa_Parola n. 53


Buon Anno (liturgico) Nuovo! 
Auguri sinceri di vero rinnovamento a tutte le persone che passeranno da queste parti.
La Voce di Ferrara-Comacchio pubblica #passa_Parola anche in questa settimana, quella in cui finisce l'anno liturgico.
E' un momento da festeggiare: come in ogni capodanno la fine coincide con l'inizio.

Il Buon Anno nasce pensando a persone che conosco (forse della mia parrocchia?) ma si allarga a tutte quelle, credenti e non, che cercano di "pacificare e riconciliare tutte le cose".

Ecco il testo integrale.

È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.”
Nella Chiesa è capodanno: con la domenica “di Cristo Re” finisce l’anno liturgico. Mi aspetto un bel clima di festa prima, durante e dopo la messa domenicale: voglio ricordarmi di salutare le persone augurando loro un vero “Buon Anno!”
Buon Anno alla signora che arriva spingendo il suo carrellino. La vedo in giro per il quartiere a curare varie piante negli spazi pubblici. Strappa le erbacce e regala sorrisi: spero di raggiungerla prima che riparta verso casa.
Buon anno alla famiglia originaria del Camerun che occupa un banco in chiesa: i bambini faticano a stare fermi, durante i canti si vede che avrebbero voglia di ballare. Mi piacerebbe che potessero scatenarsi: le cose della terra e quelle dei cieli sono state riappacificate, ci sarebbe da ballare finché le gambe reggono.
Buon anno alle ragazze che suonano la chitarra e guidano i cori: fanno un servizio prezioso tra accordi della chitarra e accordi presi fra di loro. Finito l'ultimo canto farò partire un applauso sperando che tutta la comunità mi segua: è la fine dell’anno, bisogna festeggiare.
Infine andrò ad abbracciare il mio amico che ogni tanto perde la bussola e si comporta in un modo imprevedibile: vorrei che il nuovo anno gli portasse la serenità di cui ha bisogno, la tenerezza di sentirsi accolto ed amato senza dover dimostrare nulla.

15 novembre 2025

#passa_Parola n.52


Il salmo 97, che viene proclamato domenica 16 novembre, è un crescendo di immagini e suoni da cui è bello lasciarsi trascinare. La natura stessa crea una sinfonia di festa che invita tutti a partecipare: anche noi che leggiamo queste righe migliaia di anni dopo.
Il testo pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio si può leggere qui di seguito

Risuoni il mare e quanto racchiude, il mondo e i suoi abitanti.

I fiumi battano le mani, esultino insieme le montagne davanti al Signore che viene a giudicare la terra. 
Giudicherà il mondo con giustizia e i popoli con rettitudine.”

Il salmo 97, che verrà proclamato nelle messe di domenica 16 novembre, è come una sinfonia: immagino di ascoltarlo a occhi chiusi gustando le parole, i suoni che vengono evocati e le immagini che li accompagnano. C’è un’armonia divina che si rivela nella natura.

Che il mare risuoni è abbastanza normale, è più difficile che lo faccia anche ciò che nel mare è racchiuso: mi immagino adunate di creature marine che cantano e ballano dimostrando che le fantasie dei cartoni animati sono credibili e reali.

Anche il mondo e i suoi abitanti si fermano da ogni attività (soprattutto dalle guerre e dalle violenze) e cantano ognuno la nota che sgorga dalla propria anima. Le infinite note si uniscono a formare l’accordo armonico perfetto: probabilmente è lo stesso che si è sentito al momento della creazione (o del Big Bang).

Lo spettacolo più incredibile è quello dei fiumi che scoprono di avere le mani e di poterle battere per esultare: insieme a loro le montagne si mettono a ballare, proprio come i bambini davanti all’altare nelle messe che ho vissuto in Africa.

Pregusto la festa infinita della giustizia, della pace, degli uomini abbracciati dalla natura in un dono reciproco di senso e di fratellanza accolto da Dio.
Tengo i piedi ben saldi per terra: ho appena imparato a volare.

 

11 novembre 2025

#passa_Parola n.51

La  prima lettura ed il salmo (n.45) di questa settimana parlano dell'acqua che esce dal tempio e dona vita ovunque passa. 
Sembra impossibile ma ancora ai giorni nostri l'acqua  non è un bene disponibile per tutti: forse noi, nati dalla parte "comoda" del monto, non ce ne rendiamo conto.
"Sorella acqua" va amata, rispettata, condivisa per raggiungere gli argini dei fiumi e canali che portano acqua di vita nella città di Dio.

La rubrica #passa_Parola continua sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio , è arrivata al numero  51 e si può leggere anche qui di seguito.

Un fiume e i suoi canali rallegrano la città di Dio, 

la più santa delle dimore dell’Altissimo.”

La prima lettura ed il salmo (n.45) di questa settimana parlano dell'acqua che esce dal tempio e dona vita ovunque passa. Mentre li leggevo pioveva e anche adesso, che scrivo, l’acqua scende dal cielo. È la leggera pioggia d’autunno che fa bene alle piante: non è come le bombe d'acqua che ci impone il mutamento climatico prodotto da noi uomini.

Ho bisogno di "sorella acqua, molto utile, umile, preziosa e pura” e penso alla fortuna che ho avuto a nascere in una parte del mondo dove è disponibile per dissetare, lavare e curare. Non dimentico di aver visto persone percorrere chilometri a piedi per portare acqua nel piccolo pezzo di terra che permette loro la sopravvivenza e conosco storie vere di madri impossibilitate a nutrire i propri figli per assenza di acqua non inquinata con cui diluire il latte in polvere.

Purtroppo l'acqua è un bene non condiviso: per alcuni una risorsa indispensabile per cui si fanno guerre, per altri un elemento superfluo che si può sprecare e disperdere. Il culmine si raggiunge quando le persone che sfuggono da aree inaridite dalla siccità vengono respinte da chi abita territori fertili con abbondanti risorse disponibili. Vorrei trovare le coordinate da inserire nel navigatore per raggiungere gli argini dei fiumi e canali che portano acqua di vita nella città di Dio.

Intanto provo a non sprecare nemmeno una goccia dell'acqua che mi viene donata ogni giorno.

 

4 novembre 2025

#passa_Parola n. 50


Attorno al 2 novembre il pensiero delle persone defunte si fa più forte e riguarda ognuno di noi. 
La consapevolezza e la speranza impattano con la semplice constatazione che la morte è inevitabile: potrebbe aiutare a vivere meglio?
A volte cantare insieme un salmo in inglese può aiutare.

Ecco il testo integrale di #passa_Parola n.50, pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  e riportato integralmente qui di seguito.


Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. 

Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”.

La commemorazione dei defunti del 2 novembre cade di domenica: mi sembra molto significativo che la Chiesa aiuti tutti i fedeli a ricordare che la morte è un elemento imprescindibile nella vita di ciascuno. Persino Gesù l'ha incontrata ed affrontata, inaugurando una realtà in cui la morte stessa non rappresenta l’ultima parola sulla storia di ciascuno di noi. Può essere un’illusione, un racconto consolatorio, un modo di fuggire la realtà: indipendentemente da quello che pensiamo, la morte aspetta ciascuno di noi.

Viviamo nel paradosso in cui siamo circondati da immagini di morte causate dalle guerre e dalla povertà (frutti dell’egoismo umano) e, contemporaneamente, molti, a partire dai potenti, si comportano senza senso della misura arraffando oltre ogni limite quasi si sentissero immortali.

Mi suona in testa e vibra nel cuore il versetto del salmo 26 che ho scelto questa settimana: a Taizé si canta in inglese “I am sure I shall see the goodness of the Lord in the land of the living (...), hold firm, trust in the Lord” con la solennità e la forza della vita comunitaria che unisce gli umili.
È la certezza che vivere e morire hanno senso se ognuno di noi cerca di crescere nell'esperienza della condivisione.
“Yes, I shall see the goodness of the lord” insieme agli altri uomini e donne che donano pace e comunione nel loro essere di passaggio su questa terra.


27 ottobre 2025

#passa_Parola n.49

A volte le parole, per me soprattutto di notte, escono seguendo un ordine diverso: cercano altre strade di comunicazione.
Mi è successo di fronte alla grandezza del brano tratto dal libro del Siràcide proclamato domenica 26 ottobre nelle nostre chiese: il  testo è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio ed è leggibile anche qui di seguito.

La preghiera del povero
attraversa le nubi 
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.”

Il sale della terra
è il grido che sale,
per il dolore che non si spiega:
sale a Dio.

È dentro e attorno a me,
lo sento e lo incontro:
sale che conserva e corrode,
sale che scende nel profondo
e sale a Dio.

È il mistero che unisce
oltre le distanze e l’intensità:
si annida nelle sale dell'anima,
nelle pieghe della mente,
in ogni angolo del mondo
e sempre, senza sosta,
sale a Dio.

Il sale della terra
resta sulle ferite
nel silenzio che urla,
nella muta esplosione 
che sale a Dio.

Dio è nel sale delle lacrime, 
nella piccola mano che stringe e accarezza,
nella croce che annienta e abbraccia:
conosce il grido che sale,
è il sale della terra.