4 novembre 2025

#passa_Parola n. 50


Attorno al 2 novembre il pensiero delle persone defunte si fa più forte e riguarda ognuno di noi. 
La consapevolezza e la speranza impattano con la semplice constatazione che la morte è inevitabile: potrebbe aiutare a vivere meglio?
A volte cantare insieme un salmo in inglese può aiutare.

Ecco il testo integrale di #passa_Parola n.50, pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  e riportato integralmente qui di seguito.


Sono certo di contemplare la bontà del Signore nella terra dei viventi. 

Spera nel Signore, sii forte, si rinsaldi il tuo cuore e spera nel Signore”.

La commemorazione dei defunti del 2 novembre cade di domenica: mi sembra molto significativo che la Chiesa aiuti tutti i fedeli a ricordare che la morte è un elemento imprescindibile nella vita di ciascuno. Persino Gesù l'ha incontrata ed affrontata, inaugurando una realtà in cui la morte stessa non rappresenta l’ultima parola sulla storia di ciascuno di noi. Può essere un’illusione, un racconto consolatorio, un modo di fuggire la realtà: indipendentemente da quello che pensiamo, la morte aspetta ciascuno di noi.

Viviamo nel paradosso in cui siamo circondati da immagini di morte causate dalle guerre e dalla povertà (frutti dell’egoismo umano) e, contemporaneamente, molti, a partire dai potenti, si comportano senza senso della misura arraffando oltre ogni limite quasi si sentissero immortali.

Mi suona in testa e vibra nel cuore il versetto del salmo 26 che ho scelto questa settimana: a Taizé si canta in inglese “I am sure I shall see the goodness of the Lord in the land of the living (...), hold firm, trust in the Lord” con la solennità e la forza della vita comunitaria che unisce gli umili.
È la certezza che vivere e morire hanno senso se ognuno di noi cerca di crescere nell'esperienza della condivisione.
“Yes, I shall see the goodness of the lord” insieme agli altri uomini e donne che donano pace e comunione nel loro essere di passaggio su questa terra.


27 ottobre 2025

#passa_Parola n.49

A volte le parole, per me soprattutto di notte, escono seguendo un ordine diverso: cercano altre strade di comunicazione.
Mi è successo di fronte alla grandezza del brano tratto dal libro del Siràcide proclamato domenica 26 ottobre nelle nostre chiese: il  testo è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio ed è leggibile anche qui di seguito.

La preghiera del povero
attraversa le nubi 
né si quieta finché non sia arrivata;
non desiste finché l’Altissimo non sia intervenuto
e abbia reso soddisfazione ai giusti e ristabilito l’equità.”

Il sale della terra
è il grido che sale,
per il dolore che non si spiega:
sale a Dio.

È dentro e attorno a me,
lo sento e lo incontro:
sale che conserva e corrode,
sale che scende nel profondo
e sale a Dio.

È il mistero che unisce
oltre le distanze e l’intensità:
si annida nelle sale dell'anima,
nelle pieghe della mente,
in ogni angolo del mondo
e sempre, senza sosta,
sale a Dio.

Il sale della terra
resta sulle ferite
nel silenzio che urla,
nella muta esplosione 
che sale a Dio.

Dio è nel sale delle lacrime, 
nella piccola mano che stringe e accarezza,
nella croce che annienta e abbraccia:
conosce il grido che sale,
è il sale della terra.

 

19 ottobre 2025

#passa_Parola n.48

Mi immagino Papa Leone XIV che trova sulla scrivania papale gli appunti lasciati da Papa Francesco che  aveva iniziato a scrivere un'esortazione apostolica.
Decide di completarla: si chiama "Dilexi Te", è già disponibile e contiene contenuti chiari che vanno direttamente al punto. Ho ricopiato integralmente il n. 15 su #passa_Parola n.48. Come ogni settimana si può leggere  su La Voce di Ferrara-Comacchio  oppure nel testo qui di seguito.

Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.”

Papa Leone ha diffuso la sua prima esortazione apostolica “Dilexi Te” scritta in continuità con Papa Francesco che aveva già iniziato una stesura con lo stesso titolo. Mi immagino Prevost che trova gli appunti di Bergoglio sulla scrivania papale: li legge con emozione e decide di completare il testo. È la Scrittura che si fa vicina agli uomini di oggi, la stessa che, in una lunga catena di storie e di persone, è arrivata fino a noi: quella che San Paolo ricorda nella seconda lettera a Timoteo.

Mi chiedo se davvero voglio essere un uomo di Dio, “completo e ben preparato per ogni opera buona” o se mi accontento di galleggiare nella mediocrità.
Il n.15 dell'esortazione di Papa Leone mi apre il cuore:
Anche i cristiani, in tante occasioni, si lasciano contagiare da atteggiamenti segnati da ideologie mondane o da orientamenti politici ed economici che portano a ingiuste generalizzazioni e a conclusioni fuorvianti. Il fatto che l’esercizio della carità risulti disprezzato o ridicolizzato, come se si trattasse della fissazione di alcuni e non del nucleo incandescente della missione ecclesiale, mi fa pensare che bisogna sempre nuovamente leggere il Vangelo, per non rischiare di sostituirlo con la mentalità mondana. Non è possibile dimenticare i poveri, se non vogliamo uscire dalla corrente viva della Chiesa che sgorga dal Vangelo e feconda ogni momento storico.”


13 ottobre 2025

#passa_Parola n.47


“La parola di Dio non è incatenata”,  può scendere in piazza incontrando persone disposte a mettersi in gioco per un mondo di pace.  Anche a Ferrara ci sono segni di vitalità, di voglia di incontro fra storie e culture diverse, di camminare insieme verso la giustizia: un seme prezioso da imparare a coltivare con umiltà e pazienza. Siamo al n. 47 di #passa_Parola su La Voce di Ferrara-Comacchio, pubblicato in giorni in cui appare la speranza  che la tregua si trasformi in vera pace almeno in una delle 56 guerre presenti nel mondo.

Qui di seguito il testo integrale.

Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.”

In questi giorni ho avuto la possibilità di partecipare a importanti momenti di riflessione, confronto e di presenza diretta: ho sentito la necessità di essere fisicamente in mezzo alle persone che riscoprono l’impegno collettivo.

Il Festival Francescano di Bologna e quello di Internazionale a Ferrara mi hanno rafforzato nell’idea che è necessario scendere in piazza per rendere evidente l’impegno per un mondo diverso, più umano, più rispettoso di ogni persona: un mondo che realizzi “una pace disarmata e disarmante".

Sono giorni di fermento con relazioni inedite che nascono fra preghiere, cortei, testimonianze, riflessioni, canti, abbracci, dialoghi che raccolgono e accolgono: tra slogan e invocazioni di pace si cerca un linguaggio comune capace di comunicare la tragedia senza chiudere spiragli di speranza. 

Non è facile ma avverto un’energia che può mettere insieme mondi diversi con storie, anche recenti, di contrapposizione. Anche a Ferrara, davanti e dentro il Duomo, mi sembra che cresca la voglia di cambiamento verso una società che ripudia la sopraffazione, lo sfruttamento e, soprattutto, la violenza. Una sfida per un “cristiano incerto” come me, un invito a scoprire se, come scrive Paolo a Timoteo, “la parola di Dio non è incatenata” ed è sempre capace di trovare nuove strade per venirci incontro.


6 ottobre 2025

#passa_Parola n. 46

Il profeta Abacuc (quando chi proclama le letture lo annuncia noto sempre qualcuno che fa un sorriso) scrive in un periodo di tensioni e conflitti  ma non rinuncia ad indicare la via della speranza: le sue parole sono valide anche dopo 2.700 anni.
La prima volta in cui sono stato in Tanzania (si può leggere sempre nel mio blog "AbeceDIARIO africano" a partire dalla lettera A AbeceDIARIO africano: lettera A ) ho scoperto che "speranza" in lingua Swahili si dice "tumaini". Casualmente Tumaini è un cognome che a Ferrara è abbastanza diffuso: chissà se c'è un significato che vale la pena di approfondire...
#passa_Parola n. 46 si può leggere sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio oppure nel testo integrale riportato qui di seguito.

«Scrivi la visione e incidila bene sulle tavolette, perché la si legga speditamente. È una visione che attesta un termine, parla di una scadenza e non mentisce; se indugia, attendila, perché certo verrà e non tarderà. Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede».

Il profeta Abacuc fa capolino nelle letture domenicali e, fedele al suo mandato, non smette di dare consistenza al messaggio di speranza che è chiamato a diffondere. C’è bisogno, oggi come sempre, di uomini come lui che ravvivano la speranza autentica: quella che non si ferma a consolare ma attiva gesti concreti di umanità vera.

La prima volta che sono stato in Tanzania, a conoscere ed aiutare di persona i centri per disabili dell'Associazione “Nyumba Ali", ho scoperto che in lingua Swahili speranza si dice “tumaini”. Mi ha meravigliato e, soprattutto, mi ha ricordato che conosco diverse persone con questo cognome. Ho fatto una verifica sul web scoprendo che il cognome Tumaini appare circa 52 volte di cui la metà nella provincia di Ferrara e addirittura 24 nel comune capoluogo. Sarà vero? Non è questo il punto: il valore di questi dati è la constatazione di avere una concentrazione di “Tumaini-Speranza” nel nostro territorio.

È una provocazione che non mi lascia indifferente: dove si nasconde, oggi, la speranza autentica fra le strade della mia città? Dove la incontro “certo che verrà e non tarderà” nella certezza che “il giusto vivrà per la sua fede”? Avrò il coraggio di citofonare da qualche Tumaini?


29 settembre 2025

#passa_Parola n.45

 

Paolo scrive a Timoteo e lo invita a combattere "la buona battaglia". Basta leggere altri passi della stessa lettera per scoprire che si tratta di una battaglia che non ha nulla a che fare con quelle che si combattono nelle guerre che segnano, purtroppo, la storia e l'attualità degli esseri "disumani" che calpestano e devastano il pianeta terra. 
Dall'esperienza personale del mio primo ricovero ospedaliero porto a casa la consapevolezza che posso fare tantissimo partendo dalle realtà più umili e quotidiane.

Grazie al settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio posso condividere questi semplici pensieri con chi avrà voglia di leggerli.

Come sempre li condivido anche qui: ecco il testo integrale.

Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni.”

L'unica battaglia buona è quella della fede e non ha nulla a che fare con le battaglie che si combattono nelle guerre che da sempre caratterizzano la storia dell'umanità (forse sarebbe più corretto scrivere “della disumanità”?). 
Paolo scrive a Timoteo che è una battaglia da affrontare attraverso giustizia, pietà, fede, carità, pazienza e mitezza: la conferma che il cristianesimo è sempre controcorrente, oggi come ai tempi di Paolo.

Che fare, dunque, per provare ancora una volta a starci dentro?

Credo sia importante accogliere le situazioni che la vita ci propone: stare accanto alle persone, offrire quello che si ha, scoprire il positivo che c'è. Coi drammi che ci circondano e a volte ci coinvolgono può sembrare impossibile: per questo ha senso “allenarsi” partendo dalle realtà più umili e quotidiane.

Ho davanti a me tanti esempi: i santi sono davvero in mezzo a noi e, senza effetti speciali, ci donano manciate di speranza.
Personalmente sto facendo esperienza di un ricovero ospedaliero e posso testimoniare che ogni giorno ne incontro qualcuno: dipende solo da me riuscire ad accorgermene.

Potrebbe essere davvero, per ognuno di noi, il momento di fare la nostra “bella professione di fede davanti a molti testimoni” per essere protagonisti di una vita vissuta pienamente e, soprattutto, “raggiungere la vita eterna” alla quale siamo chiamati


20 settembre 2025

#passa_Parola n. 44



Quest'anno tornano le letture del 2022-23 quando già tenevo una rubrica chiamata "il foglietto in tasca": potrei non resistere alla tentazione di riproporre gli stessi testi, anche per vedere se qualcuno lo scopre.
Intanto su La Voce di Ferrara-Comacchio c'è il tentativo di cogliere qualche spunto sulle "mani pulite" da alzare nella preghiera.

Ecco il testo integrale.

“Voglio dunque che in ogni luogo gli uomini preghino, alzando al cielo mani pure, senza collera e senza contese.”
Tre anni fa questa rubrica si chiamava “Il Foglietto in tasca”: con la Redazione avevamo concordato che potessi scegliere lo spunto fra le prime due letture, lasciando le “Fantasticherie sul Vangelo” del periodo precedente. Ora il titolo è cambiato ma l’idea di fondo è la stessa. La novità è che le letture (come è normale che sia ogni tre anni) sono le stesse del 2022/23: perciò devo rileggere cosa ho già scritto per evitare di ripetermi. Attenzione: potrei anche riproporre lo stesso identico pezzo per vedere chi se ne accorge.
Questa settimana siamo tutti Timoteo e Paolo ci chiama “figlio mio” e fa alcune richieste ben precise: con la fermezza che segue al verbo “voglio” ci chiede di pregare in ogni luogo con mani pure, senza collera e senza contese. 
Ancora una volta vedo Paolo camminare nelle strade di oggi per invitarci a non essere ipocriti: se la preghiera richiede mani pure alzate da persone senza collera e contese significa che non può essere staccata dalla vita reale. Vuol dire, almeno secondo me, che la condotta di vita è la precondizione della preghiera autentica.
Conosco le mie imperfezioni e fragilità e so di averne anche altre che non conosco; sperimento la fatica e la sofferenza, ma so che le mani pure non hanno il profumo sbiadito della neutralità ma l’essenza dell'impegno quotidiano. Mani pure senza collera e contese sanno di sudore, di terra, di carezze donate a visi di tutti i colori: di vita che si spende e non si risparmia. 



13 settembre 2025

#passa_Parola n.43


Questa settimana ricorre la festa dell'esaltazione della Croce, un passaggio fondamentale nella vita di Gesù e di ogni cristiano.
Per me, ancora oggi, rimane una prospettiva che tendo a lasciare in secondo piano poiché non sono capace di accettarla davvero.
In momenti come questi mi affido alla musica: in questo caso vado sul sicuro con Bach.
Come ogni settimana  su La Voce di Ferrara-Comacchio in 60 secondi si può leggere la mia piccola rubrica #passa_Parola.
Il testo integrale è anche qui di seguito.

Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce.”

Di fronte al brano di Paolo ai Filippesi, proposto questa settimana, sono rimasto a lungo in silenzio ad occhi chiusi: ho ritrovato la sofferenza, il senso di vuoto, l’inadeguatezza, la negatività che mi accompagnano da sempre. Non sono stato, però, capace di accettare l’idea della morte in croce.

Ho tanta strada da fare: non solo per avvicinarmi a Gesù ma anche per provare a raggiungere la mia amica Laura Vincenzi che ha scritto “Abbracciare la croce=Vivere l’avventura”. La Croce questa domenica è al centro della liturgia, ma rimane una prospettiva che tendo a lasciare in secondo piano.

Provo a non affidarmi solo ai ragionamenti e mi consento un po’ di musica: un ascolto rilassato della “Passione secondo Matteo” di Bach. Ogni volta mi tocca profondamente, fin dal primo ascolto sulle audiocassette donatemi dal mio amico (poi diventato vescovo) Don Andrea Turazzi. So che non è così, ma mi sembra di sentire per la prima volta l’aria “Komm, süßes Kreuz” (Vieni dolce croce): la viola da gamba che accompagna e dialoga col solista (un basso) mi conduce ai piedi della croce con una serenità che non conoscevo.

Trovo il testo tradotto: “Vieni, dolce croce, così voglio dirti, mio Gesù, dammela per sempre! Se le mie sofferenze diventano insopportabili, mi aiuterai tu stesso a portarle.”

È la preghiera di oggi, ancora alla ricerca della dimensione più autentica della vita.

 

5 settembre 2025

#passa_Parola n.42


"Ricomincio da 42", ancora sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio con la rubrica #passa_Parola. La frase scelta è tratta dal Libro della Sapienza, la prima lettura che verrà proclamata nella Messa di Domenica 7 settembre: le immagini bibliche si impastano coll'esperienza di un'estate in cammino fra montagne e pianure, fra gioie e sofferenze.
Ecco il testo integrale.

I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni, perché un corpo corruttibile appesantisce l’anima e la tenda d’argilla opprime una mente piena di preoccupazioni.”

Quest’estate ho fatto diverse escursioni in montagna insieme ad un bel gruppo di persone con cui ho condiviso due settimane di vita comunitaria. Ho sperimentato quello di cui parla il libro della Sapienza: ragionamenti timidi e incerti lungo sentieri in cui il peso del corpo non aiuta e la mente tende a inseguire le preoccupazioni. Ho sperimentato, anche, il ritrovo comunitario in cui la fatica e il dubbio incontrano il balsamo della condivisione e la tenerezza dell’abbraccio, fra noi e attraverso la Parola. Risuonano ancora nel mio cuore le storie che si sono intrecciate: le ha raccolte tutte Silvia che in quei giorni, partendo dalla casa in cui stavamo vivendo insieme, ha raggiunto il Paradiso.
Le nostre piccole e grandi croci l’hanno accompagnata e lei ce le ha restituite con un senso pieno di speranza.

Ora cammino con molta meno fatica per i parchi del mio rione e ripercorro il brano del libro della Sapienza e mi soffermo sulla
“tenda d’argilla” che “opprime una mente piena di preoccupazioni”: un’immagine originale. Forse ho davvero una tenda d’argilla: non sono né nomade né stanziale e, soprattutto, rischio di essere come l’argilla prima di ricevere il soffio vitale che l’ha resa un essere umano.

Provo a fare sintesi tra la montagna e la pianura: scoprire il dono di potersi interrogare e condividere è già la traccia del sentiero su cui incamminarsi.


12 agosto 2025

Quando finisce un affido


Questo è il post n. 300 del mio blog: in questi anni è stato visitato da tante persone (risultano più di 63.000 contatti). MI sono reso conto che questo spazio online è diventato, di fatto, una specie di diario pubblico in cui condividere aspetti importanti della mia vita. 
Tutto ciò oltre la rapidità dei social in cui ogni cosa si brucia in fretta. 
Nel blog, invece, tutto è sempre disponibile: si può andare avanti e indietro nel tempo, rileggere, ri-scoprire qualcosa: nel mio caso ci sono 300 pezzi che formano parte del puzzle della mia vita.

Il trecentesimo "tassello" parla, ancora una volta, dell'affido famigliare.
In questi giorni si è conclusa un'esperienza durata 21 mesi con un cucciolo d'uomo che è arrivato a casa nostra che ne aveva 3: una bella storia che ha portato la ricongiungimento con la mamma che ha saputo affrontare le proprie difficoltà creando un bell'ambiente in cui crescere adulti e bambini insieme.
E' un bel modo per ridimensionare il mio/nostro impegno in questo campo: è come chiudere la carriera dopo aver vinto lo scudetto.
Come mi capita ultimamente provo a comunicare mettendo insieme le parole  e lasciando che si combinino in un gioco di rime che ha solo la pretesa lasciare una traccia del mio stato d'animo.