“Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch'io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata.”
Ancora una volta Paolo di Tarso mi conquista (!) non perché impugna la spada (immagine che mai come oggi mi sembra inapplicabile all'idea della santità) ma perché apre il suo cuore e rivela gli atteggiamenti importanti della sua vita.
L'apostolo delle genti propone anche a noi un cammino di ricerca della perfezione che deriva dall'essere stati conquistati da Gesù: una dimensione profonda e non una serie di norme da applicare. Sono certo che oltre a scrivere queste cose agli abitanti di Filippi, San Paolo le abbia fatte scrivere (attraverso lo Spirito Santo) nei testi del Concilio Vaticano II e ci stia provando in questi giorni anche col Sinodo.
Fra i tanti significati che la Treccani propone per il verbo conquistare, il più adatto mi sembra sia “far appassionare”. Dare spazio alla "passione", lo sappiamo, prevede l'entusiasmo di una meta che si ottiene attraversando senza paura la sofferenza.
È
la storia di tanti che ho incontrato: lontani dai riflettori di una
comunicazione distorta, si dedicano a quello che conta davvero. Ogni
giorno fanno piccoli passi verso la perfezione, consapevoli che in
questa vita realizzeranno solo una parte del loro percorso che si
manifesterà pienamente nell'incontro faccia a faccia con Gesù.