28 marzo 2023

Il Foglietto in tasca n.28

Ho bisogno di primavera: uscire dal sepolcro, ritornare a casa, accogliere lo spirito e riposare.
La Voce di Ferrara-Comacchio ospita, come ogni settimana, il "Foglietto in Tasca": riporto qui di seguito il testo integrale per chi avrà voglia di leggerlo.

Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra.”

Ho bisogno di sole, con la curiosità di mettere in pratica quello che ci propone Ezechiele: uscire dal sepolcro, ritornare a casa, accogliere lo spirito e riposare.

È un programma appassionante che mette insieme il dinamismo con la quiete: un obiettivo adatto al mio stato d’animo in questo periodo.

Riposare nella mia terra ha il sapore delle poesie imparate a memoria da bambino, l’odore dei sorrisi rassicuranti, il suono dei fiori che sbocciano inattesi: li recupero dentro di me per non farmi trovare impreparato.

Riposare nella mia terra richiama la voglia di prendere le distanze da tante realtà inutili che riempiono di vuoto le mie giornate: cose materiali, affanni inconsistenti, preoccupazioni indotte. Cerco lo spirito (sempre dentro di me) che mi regali il giusto sguardo interiore ed esteriore.

Riposare nella mia terra è fare i conti con la consapevolezza che la strada che sto percorrendo è destinata a raggiungere un punto: un punto oltre il quale non ci sarà più quello che adesso definisco vita. Spero di raggiungerlo prima che la fame di relazioni autentiche mi abbandoni.

Per poter riposare cerco di gustarmi il dono di ogni giornata vivendo “qui e ora”.

Non cerco la fuga anzi, come ho scritto nella mia canzone “Tenue ma tenace” appena pubblicata, “Rimango qui, lungo o breve il futuro è dentro noi, davvero, potrai cantarlo insieme a me, potrai goderlo nel legame che cresce fra di noi.”


 

19 marzo 2023

Il Foglietto in tasca n.27


Un semplice contributo su una riflessione che non si può ignorare: il rapporto fra bontà, giustizia e verità e la strumentalizzazione dei fatti per bassi fini di propaganda. Il desiderio di una politica che si interessi davvero del bene comune unisce i nostri tempi a quelli di San Paolo.
Ringrazio La Voce di Ferrara-Comacchio per gli stimoli e l'ospitalità che mi concede ogni settimana.

Qui il testo.

"ora il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità"

Sconvolto dal naufragio di profughi sulle coste di Cutro in Calabria non riesco a vedere in questo evento bontà, giustizia e verità. San Paolo, nello stesso brano che verrà letto questa domenica, scrive: "Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente." Lui l’ha fatto e lo farebbe anche oggi, io vorrei avere la forza per essere più deciso, senza troppi tentennamenti.

Anche nella nostra città in questi giorni siamo pervasi da una comunicazione istituzionale che, a mio modesto avviso, è improntata all'opposto dei frutti della luce indicati da San Paolo.
Le condanne, di pura propaganda partitica, che strumentalizzano le legittime indagini sulle strutture di accoglienza per migranti, invece di cercare la verità producono uno stigma sociale che può servire a bassi fini elettorali ma non certo allo sviluppo della comunità.

Anche lo scomposto attacco al Vescovo sul ruolo della Chiesa nella società è al servizio di una logica di parte. Segnalo che l'affermazione “La politica è la forma più alta di carità” risale al discorso tenuto da Paolo VI alla FAO il 16 novembre 1970: accusare il Vescovo e la Chiesa di fare politica è di fatto un complimento.

Si potrebbe partire proprio da questo involontario apprezzamento per trovare il gusto di lavorare insieme: far crescere bontà, giustizia e verità nella ricerca autentica del bene comune che è molto di più della semplice somma degli interessi particolari di individui e gruppi. 

12 marzo 2023

Il Foglietto in tasca n.26


Questa settimana su La Voce di Ferrara-Comacchio ho fatto un esperimento: per sapere di cosa si tratta  si può leggere anche qui di seguito."

"In quei giorni il popolo soffriva la sete per mancanza di acqua" 
Questa frase descrive la situazione del popolo d'Israele che si era appena liberato dalla schiavitù in Egitto e si trovava nel deserto del Sinai. Il popolo era alla ricerca di acqua per poter sopravvivere in un ambiente così arido. 
Ci ricorda l'importanza dell'acqua per la vita umana e la sua scarsità in molte parti del mondo. Ci ricorda anche l'importanza di essere solidali con coloro che soffrono la sete, in particolare nelle zone del mondo dove l'acqua è scarsa o contaminata. Inoltre, la Bibbia ci insegna che Dio può provvedere alla nostra necessità di acqua, come ha fatto con il popolo d'Israele nel deserto. Questa lezione ci invita a riflettere sulla nostra dipendenza dalla provvidenza divina e sulla necessità di prenderci cura del nostro ambiente, in modo che l'acqua possa essere disponibile per tutti. 
Questo commento è stato fatto da un'intelligenza artificiale (A.I.) con cui ho interagito online per farla ragionare al posto mio. Un’esperienza stimolante conclusa con un augurio di buona notte. 
Lo spunto sull'importanza della solidarietà con chi soffre per la mancanza di acqua e del prendersi cura dell'ambiente mi provocano. Soprattutto penso a chi, cercando di sopravvivere, viene lasciato morire nelle acque dei mari italiani, abbandonato e strumentalizzato dall'arroganza di chi detiene il potere.
 

4 marzo 2023

Il Foglietto in tasca n.25


Abram non si chiama ancora Abramo: la sua è una storia di cambiamento e ricerca umana e spirituale.
La Voce di Ferrara-Comacchio anche questa settimana pubblica le mie riflessioni stimolate dalle letture domenicale e, in questo caso, da semplici giochi di parole e dal ricordo di un film.

Qui il testo integrale (tempo di lettura 62 secondi).

"renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione."

Nella prima lettura di oggi ABRAM si chiama ancora così: solo più avanti il Signore gli darà un nome nuovo facendolo diventare Abramo.

Provo a giocare con le parole e mi appare subito che Abram si può anagrammare in BRAMA: mi sembra un indizio per capire meglio il brano di oggi.

Immagino che il futuro Patriarca, turbato dal "vattene" con cui il Signore inizia il discorso, si sia poi tranquillizzato con le successive promesse: per questo prepara le valigie e carica i cammelli per il lungo viaggio che lo aspetta. Non voglio sembrare sacrilego: credo che Abram abbia fatto un percorso di consapevolezza basandosi anche su comprensibili ambizioni umane: diventare una grande nazione benedetta da Dio è un obiettivo che garantisce fama e successo.

Un altro anagramma mi porta ad AMBRA: la prima pietra preziosa conosciuta dall’umanità. Questo mi indirizza verso le qualità indubbie del futuro Abramo, la sua capacità di consolidare la fede rendendola preziosa ed accogliente. Ricordo l’ambra conservata dal protagonista del film “Ogni cosa è illuminata”: un film che amo molto e che mi suscita forti emozioni per gli stupendi paesaggi dell’Ucraina ora devastati dall'assurdità della guerra.

In questa sequenza di sentimenti ritrovo il mio cammino che oscilla tra la gratificazione personale e la ricerca, in me e negli altri, della pietra preziosa capace di accogliere e resistere nel tempo: la strada per avere un nome che sia una benedizione.