In questa “seminuova” rubrica sono libero di scegliere la frase da trascrivere tra tutte le letture della domenica.
Questa settimana è presa dalla Lettera a Filemone: “Ti prego per Onesimo, figlio mio, che ho generato nelle catene”.
San Paolo esce dalla statua di marmo dove l’ho visto l’ultima volta e diventa un “amico fragile” (la canzone che sto ascoltando adesso): una persona attenta ai bisogni degli altri e ai diritti dei più deboli. Capace di mettere la sua esperienza e i suoi doni a disposizione.
Con lui affronto questo autunno che si avvicina: un tempo che provoca attraverso la degenerazione dei rapporti umani, il dissolvimento del patrimonio naturale, la gestione assurda dei conflitti interpersonali e fra nazioni.
Filemone, però, accoglie Onesimo come un dono e non come un impegno.
Per questo, come Paolo secoli fa e come Papa Francesco oggi, posso ancora sperare in un mondo senza schiavi, abitato solo da “fratelli carissimi”.
Ho fiducia, da questo foglietto emerge anche l’immagine di un Onesimo in carne e ossa: rispecchia il suo nome dando assistenza quotidiana al nostro amico Zawadi in Tanzania.
Un ragazzo di 18 anni che si prende cura di un coetaneo disabile: è un po' un figlio mio (nostro?) per cui pregare insieme a San Paolo.
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