“Hai mutato il mio lamento in danza, Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.”
I tempi richiesti dalla Redazione della “Voce’ mi obbligano a scrivere nei giorni che precedono i funerali di Papa Francesco: racconti, analisi e previsioni attirano e stancano nello stesso tempo. Un continuo rumore di fondo toglie spessore alle troppe parole a volte pronunciate più per affermare la propria presenza che per arricchire il confronto.
Fatico a trovare il giusto raccoglimento per abbandonarmi ad una preghiera autentica.
Per fortuna il salmo 29, che verrà proclamato nella prima domenica di maggio, mi restituisce la Parola che provoca e guarisce: Parola che suscita preghiere di lode per il dono di Papa Francesco, nella certezza che lo Spirito continuerà ad accompagnare la Chiesa con fantasia e tenerezza.
Il lamento diventa danza, il suono straziante del dolore si trasforma in musica, il corpo ritrova energia e si muove in armonia con tutto il creato: Papa Francesco è nel grande ballo di gruppo dove riconosco volti noti di persone care e tanti visi allegri di chi ha pagato con la vita la cultura dello scarto, della violenza, del disprezzo della dignità umana.
Mi siedo al piano e mi scopro a cantare “Swing Low, Sweet Chariot” mescolando il testo con la versione in italiano che ho imparato da Don Franco Patruno.
Don Franco fu sepolto con l’abito rosso da Monsignore (come effettivamente era) e, finita la cerimonia, con alcuni abbiamo cantato un altro spiritual in italiano “Io ho la mia veste”: domani la canterò anche per Papa Francesco.

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