San Paolo condivide coi suoi amici Filippesi la frattura tra sofferenza,
desiderio di morte e preoccupazione per le persone a cui vuole bene.
Sentimenti sempre attuali.
Il "Foglietto" n.46 si può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.
“Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di
lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe
assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga
nel corpo.”
In una domenica in cui, nel Salmo Responsoriale, si proclama
la tenerezza del Signore che si espande su tutte le creature”
ritrovo il lato affettivo di San Paolo. Dalla prigionia si rivolge ai
suoi amici di Filippi e parla del suo stato d’animo con parole
vive e sincere: condivide la frattura tra sofferenza, desiderio di
morte come riposo in Dio e preoccupazione per le persone a
cui vuole bene. Verrebbe voglia di poterlo abbracciare per
condividere fisicamente un conflitto in cui tanti (me compreso)
si trovano. Paolo continua a scrivere a ognuno di noi.
Ricordavo questo brano con parole un po’ diverse e ho
verificato che, nella traduzione CEI del 1974, c’era il desiderio
“di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo”. È la
traduzione con cui sono cresciuto: nel ‘74 avevo 16 anni e
negli anni successivi fra campi scuola, corsi, ritiri ed esercizi
ho avviato la mia (piccola) formazione grazie soprattutto
all’Azione Cattolica diocesana, ragionale e nazionale.
“Essere sciolto dal corpo” mi dà un’immagine più vicina alle
persone di cui ho conosciuto e conosco la sofferenza: non è
un “lasciare” ma è chiedere una liberazione che rigenera di
fronte alla propria impotenza. È un mistero davanti al quale
posso solo inchinarmi nel rispetto delle storie di ciascuno, con
la fiducia che la tenerezza è la vera forza del Signore.
desiderio di morte e preoccupazione per le persone a cui vuole bene.
Sentimenti sempre attuali.
Il "Foglietto" n.46 si può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.
“Sono stretto infatti fra queste due cose: ho il desiderio di
lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe
assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga
nel corpo.”
In una domenica in cui, nel Salmo Responsoriale, si proclama
la tenerezza del Signore che si espande su tutte le creature”
ritrovo il lato affettivo di San Paolo. Dalla prigionia si rivolge ai
suoi amici di Filippi e parla del suo stato d’animo con parole
vive e sincere: condivide la frattura tra sofferenza, desiderio di
morte come riposo in Dio e preoccupazione per le persone a
cui vuole bene. Verrebbe voglia di poterlo abbracciare per
condividere fisicamente un conflitto in cui tanti (me compreso)
si trovano. Paolo continua a scrivere a ognuno di noi.
Ricordavo questo brano con parole un po’ diverse e ho
verificato che, nella traduzione CEI del 1974, c’era il desiderio
“di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo”. È la
traduzione con cui sono cresciuto: nel ‘74 avevo 16 anni e
negli anni successivi fra campi scuola, corsi, ritiri ed esercizi
ho avviato la mia (piccola) formazione grazie soprattutto
all’Azione Cattolica diocesana, ragionale e nazionale.
“Essere sciolto dal corpo” mi dà un’immagine più vicina alle
persone di cui ho conosciuto e conosco la sofferenza: non è
un “lasciare” ma è chiedere una liberazione che rigenera di
fronte alla propria impotenza. È un mistero davanti al quale
posso solo inchinarmi nel rispetto delle storie di ciascuno, con
la fiducia che la tenerezza è la vera forza del Signore.