20 gennaio 2022

82

Nell'82 la mia obiezione di coscienza si è concretizzata in una dichiarazione di cui ho dovuto rendere conto all'autorità militare. Niente di straordinario, uno spunto per riflettere su come sia più facile parlare che agire.

Il testo integrale, pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio

Nel 1982 ero alle prese con l’obiezione di coscienza al servizio militare. Presentata la mia dichiarazione aspettavo di essere chiamato da qualche autorità per valutare la fondatezza delle mie intenzioni. Quando mi hanno convocato al Comando dei Carabinieri di Pontelagoscuro ero prontissimo: da Gesù a Gandhi, passando per Aldo Capitini, Don Milani e Pietro Pinna (ferrarese, primo obiettore di coscienza italiano per motivi politici) mi ero costruito basi solide per sopportare l’interrogatorio. In realtà è stato tutto molto amichevole: abbiamo finito confrontandoci sul ruolo dei cappellani militari e sulle iniziative umanitarie di diversi sacerdoti ferraresi dell'epoca.

Allora, come oggi, parlare è facile: quello che cambia il mondo è il comportamento. Luca all’inizio del suo Vangelo afferma di essersi preparato bene raccogliendo documenti e testimonianze dirette: ciò gli consente di descrivere la situazione di Gesù nella Sinagoga di Nazareth, di come, dopo lo stupore iniziale, verrà allontanato tentando anche di buttarlo giù da un precipizio. La predicazione di Gesù è realizzata nella sua testimonianza, nei miracoli, nella vicinanza agli ultimi, nella sua morte da innocente e nella sua risurrezione. Vengono i brividi a pensarci, mentre provo a trasformare le dichiarazioni in realtà vissute. Dall’82 sono passati quarant’anni: è tempo di Bilanci ma anche (cambio di consonante iniziale) di Rilanci. Oggi è sempre il giorno per ri-cominciare.

Tutti parlano di tante cose, noi diciamo: “Give peace a chance” (J.Lennon e Y.Ono)


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