Sono appena tornato dalla mia parrocchia
portando a casa un cero con la luce di Betlemme.
Una piccola fiamma, accesa dove è
nato Gesù e portata di mano in mano fino a me: io ne avevo la responsabilità
perché raggiungesse la mia casa.
So benissimo che è solo un fatto
simbolico: una vita senza simboli, però, è molto vicina ad una vita senza
significato, esattamente come un Natale senza Gesù non è altro che un
ferragosto spostato di qualche mese.
Camminando la difendevo dal vento
sollevato dalle macchine che, come sempre, sfrecciano lungo Viale Krasnodar: alla
vigilia di Natale sono ancora più agitate all'inseguimento degli accessi e
delle vie di fuga più rapide dai centri commerciali qui attorno.
Mi sono reso conto che l’essenza
del Natale è proprio in quel gesto di protezione e tenerezza, ho vissuto come
un regalo immeritato e inatteso la possibilità di poterlo sperimentare.
Natale ricorda la nascita di un
bambino in una stalla, dato che per la sua famiglia “non c’era posto”.
Ormai è quasi vietato dire che si
tratta di Gesù, il Figlio di Dio: è comunque un segno per ricordarci di provare
ad arginare il vento distruttivo che spegne le piccole luci, che ignora le
persone fragili, che impedisce ai bambini di essere accolti.
Fuori dagli orpelli, dalle
esagerazioni e dagli egoismi quotidiani questo è il miglior regalo di Natale
che potessi ricevere.
Mi piace poterlo condividere con chi avrà la voglia e la pazienza di leggerlo.