SUL PONTE DELLA PACE NEI GIORNI DELLE SCOSSE
Il fiume arrancava tra morte e vergogna,
solcando uno spazio di crisi globale
ormai rassegnato a un futuro di fogna
schiacciato dal dubbio tra il bene ed il male.
Così come lui, io vago perplesso
fra poche risposte e molte domande
vagheggio un domani diverso da adesso
ma vedo lo schifo che deciso si espande.
Sarà colpa di noi, sicuri di niente,
incerti viandanti sul mondo che crolla:
partiti individui, diventati poi gente.
Sarà colpa del tempo che stacca la colla,
che spegne la voglia di un senso presente.
Un tempo che arranca tra morte e vergogna
Ormai rassegnato a un futuro di fogna.
(31 maggio 2012)
COMMENTO CRITICO
“L’Autore del breve brano, difficile da inquadrare in un
sistema tassonomico (si direbbe una sorta di sonetto anomalo caudato dalla
metrica piuttosto incerta), esprime una serie di luoghi comuni nel vano
tentativo di suffragare una assai prevedibile visione tragica della vita.
Il meccanismo, ormai consueto e desueto dell’osservazione
della natura che apre a riflessioni sul senso profondo delle cose, appare fin
troppo scontato e l’esito complessivo lascia decisamente poco soddisfatti.
Non riteniamo di stroncarlo pienamente: ci limitiamo ad
attenderlo alla prossima prova.”
(N.
Sapegno)
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