24 febbraio 2025

#passa_Parola n.23


Il libro di Samuele racconta di Davide che si trova davanti il suo nemico Saul profondamente addormentato e, invece di ucciderlo, si limita a portargli via la lancia e la brocca dell'acqua.
La scelta della nonviolenza è chiaramente ribadita da Gesù che invita ad amare i propri nemici.  
Quanta forza c'è in una dimensione che, ancora oggi, è decisamente fuori moda: Davide appare  più evoluto dell'Homo “Insapiens” del terzo millennio.
La rubrica  #passa_Parola è pubblicata sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e, quando gli abbonati hanno già ricevuto la propria copia, qui di seguito.

Davide gridò: «Ecco la lancia del re: passi qui uno dei servitori e la prenda! Il Signore renderà a ciascuno secondo la sua giustizia e la sua fedeltà, dal momento che oggi il Signore ti aveva messo nelle mie mani e non ho voluto stendere la mano sul consacrato del Signore».

Il libro di Samuele propone una vera e propria sceneggiatura degna di un premio cinematografico: Davide si trova davanti il suo nemico Saul profondamente addormentato e, invece di ucciderlo, si limita a portargli via la lancia e la brocca dell'acqua.

È una scelta forte, decisamente in controtendenza. Fa effetto nel clima che si respira oggi in cui il terzo anniversario dell'invasione dell'Ucraina fa da cornice ai tanti conflitti che dimostrano l’incapacità degli uomini di convivere in pace. Davide è più evoluto dell'Homo “Insapiens” del terzo millennio.

Ci sarebbe davvero da avvilirsi se non ci fossero spiragli di speranza nel sapere di tanti che si rifiutano di prendere parte al massacro: trattandosi di persone fuori dai ruoli di potere vengono ignorati dalla comunicazione di massa, per cui non emergono come “buona notizia” accessibile a tutti. L'esempio di Davide può servire ad accendere i riflettori sui tanti obiettori di coscienza chiusi nelle carceri in varie parti del mondo: alcuni condannati a morte, altri già giustiziati, altri con la vita stravolta per la scelta della pace. Nell'era dell'iperconnessione siamo sfidati alla ricerca delle verità nascoste che dimostrano che anche oggi è possibile, come ci ricorda Gesù, amare i nemici.


16 febbraio 2025

#passa_Parola n.22

Tra benedizioni, maledizioni e descrizioni botaniche Geremia parla al cuore di chi, come me, mette in primo piano i propri progetti e visioni. Spero di non perdere mai la capacità di rimettermi in discussione. Sul settimanale  La Voce di Ferrara-Comacchio  è pubblicata la rubrica #passa_Parola il cui testo si può leggere anche qui di seguito.

Così dice il Signore: "Maledetto l'uomo che confida nell'uomo, e pone nella carne il suo sostegno, allontanando il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamarisco nella steppa; non vedrà venire il bene, dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere.”

Geremia irrompe nella Messa domenicale con una maledizione pronunciata da Dio stesso: è un anticipo del Vangelo di Luca in cui le beatitudini saranno seguite da “Guai a voi” che nella versione più usata di Matteo non sono presenti.

Mi preparo a sentire domenica lettrici o lettori che proclameranno con forza il brano di Geremia: sapranno sottolineare col tono della voce le maledizioni a cui seguiranno le benedizioni. Tutto sarà proposto con la sicurezza di chi legge un messaggio importante. Questo approccio vigoroso verrà accolto dalla comunità, apprezzando le letture rivolte direttamente a ciascuno dei presenti: fino all’apoteosi del Vangelo in cui sarà evidente che il Diacono/Sacerdote è Gesù che ci parla.

Siccome so che lo Spirito realizza i suoi disegni con modalità che non coincidono con quelle auspicate da me, mi preparo anche a vivere una celebrazione meno coinvolgente cercando di non essere prevenuto o, tantomeno, di giudicare.

So di essere anch’io un tamarisco (che scopro essere la tamerice “salmastra ed arsa” di Dannunziana memoria, molto presente nei nostri Lidi): confido nei miei progetti e nelle mie visioni. Per questo spero che la messa domenicale sia sempre in grado di mettermi positivamente in crisi.

 

8 febbraio 2025

#passa_Parola n.21


Isaia descrive una visione bellissima che mi piacerebbe poter disegnare.
Purtroppo di fronte al disegno mi trovo bloccato, probabilmente a causa di un piccolo trauma scolastico in cui un cubo divenne un buco (anagramma perfetto che dimostra che preferisco giocare con le parole piuttosto che coi colori).
Così posso solo chiudere gli occhi e provare a descrivere rimanendo nella mia "comfort zone" dove alle parole si uniscono i suoni.
Il n. 21 della rubrica #passa_Parola è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e si può leggere qui di seguito.

Nell’anno in cui morì il re Ozìa, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio. Sopra di lui stavano dei serafini; ognuno aveva sei ali. Proclamavano l’uno all’altro, dicendo: «Santo, santo, santo il Signore degli eserciti! Tutta la terra è piena della sua gloria».

Quando leggo brani come questo vorrei saper dipingere, ma purtroppo il disegno mi risulta estremamente ostico. Da sempre do la colpa alla supplente che, in prima elementare, per un giorno ha sostituito la maestra Natalina: mi faceva cancellare gli sbagli invece di spiegarmi come disegnare un cubo, fino al momento in cui ho fatto un buco nel quaderno. Mi ha dato un voto negativo: la mia prima delusione scolastica. Il disegno simmetrico alle medie e quello tecnico alle superiori mi hanno dato il colpo di grazia. Alla fine mi salvavo perché andavo bene in italiano, matematica e condotta.

Così, di fronte alla descrizione di Isaia posso solo chiudere gli occhi, respirare profondamente e provare a vedere i serafini con sei ali sopra il trono alto ed elevato. Lì siede il Signore: i lembi del suo manto agitano l’aria e producono un suono simile a quello del mare, con un ritmo crescente su cui un po’ alla volta nasce un canto da cui è impossibile sottrarsi. Non vedo il volto del Signore ma sto cantando insieme a Lui con tutto il mio corpo: se mi parlasse, anch’io direi “Eccomi, manda me”.

 

2 febbraio 2025

#passa_Parola n.20


Dio che si fa uomo e condivide la sofferenza con ciascuno di noi è davvero un padre-fratello. A noi rimane di decidere se accettare o no la sua vicinanza fidandosi ed affidandosi, come ha fatto Laura Vincenzi, la mia amica "Serva di Dio".
Come al solito #passa_Parola (che questa settimana raggiunge le 20 uscite) si può leggere sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio  oppure qui di seguito.

Infatti, proprio per essere stato messo alla prova e aver sofferto personalmente, egli è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova.”

Questa frase della lettera agli Ebrei spiega uno dei motivi più affascinanti del mio tentativo di definirmi cristiano.

Dio che si fa uomo e condivide la sofferenza con ciascuno di noi è davvero un padre-fratello che non si può non amare cercando, prima di tutto, di non porre limiti o condizioni al suo amore per noi.

È la strada dell'abbandono fiducioso: l’ho sperimentato fra le braccia dei miei genitori e lo rivivo nei figli (naturali o in affido) che mi sono stati donati.

Le prove per cui chiedere aiuto non mancano: quotidianamente vedo che le mie forze non sono sufficienti e molto spesso non ce la faccio da solo.

Perciò vorrei non spezzare il filo che, grazie allo Spirito, mi collega a Gesù: cerco di imparare da chi mi sta vicino e ad affidarmi a chi, come Laura Vincenzi, c'è l'ha fatta a percorrere la strada della fiducia totale in Dio.