“A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.”
Don Armando (gerundio presente del verbo “armare”, nome di fantasia) e Don Clemente (participio presente del verbo “clemere”, verbo e nome di fantasia) hanno fatto il Seminario insieme e sono stati ordinati sacerdoti nel 1976. Ora sono parroci di due paesi situati uno di fronte all’altro ai lati della valle che accompagna il fiume verso la pianura.
Don
Armando, anche fisicamente sotto il lungo abito talare, sembra sempre
sul punto di imbracciare una spada, un fucile, un bazooka:
perennemente in contrasto col mondo combatte “la buona battaglia”
sulle orme di San Paolo.
Le
sue omelie sono famose per la forza con cui denuncia il degrado dei
costumi attuali e la degenerazione degli stili di vita che
allontanano dalle buone abitudini della tradizione.
I
suoi collaboratori gli assomigliano: come tanti fedeli provengono
anche da altre parrocchie spinti dalla ricerca di uno stile più
consono alle loro impostazioni di vita.
Don
Clemente, sull’altro versante, è spesso in abiti borghesi: a volte
non lo si distingue in mezzo ai diversi gruppi che frequentano la
canonica. I bene informati dicono di non averlo mai visto arrabbiarsi
(almeno in pubblico), alcuni lo definiscono “un mito” riferendosi
al fatto che “i miti erediteranno la terra”.
Le
sue omelie sono famose per la forza con cui richiama i fedeli a
cogliere semi di speranza in tutte le situazioni della vita attuale
dove i cristiani sono un piccolo gregge.
I
suoi collaboratori gli assomigliano: come tanti fedeli provengono
anche da altre parrocchie spinti dalla ricerca di uno stile più
consono alle loro impostazioni di vita.
Persino le campane delle due parrocchie suonano con timbri diversi, quasi adattandosi allo stile dei titolari: al centro della valle si mescolano creando un’inedita armonia.
Sarà così anche in questa festa di Cristo Re.