29 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.71

Il Foglietto di Pasqua 2024 è un saluto ed un augurio: un "passaggio" dalla morte alla vita, dall'io al noi, sempre alla ricerca del senso profondo delle esperienze della vita. 
Un senso che si può trovare nelle pietre "scartate dai costruttori". 
Ancora un minuto per leggerlo sul settimanale "La Voce di Ferrara-Comacchio" (che ringrazio per la bellissima esperienza in cui mi ha coinvolto) oppure qui di seguito.
Buon cammino.

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo.”

Pasqua significa tante cose: a me attira l’idea del “passaggio”.

Innanzitutto c’è il riferimento al passaggio dalla morte alla vita: si tratta della Resurrezione di Gesù (che, per chi si professa cristiano, è il fondamento su cui costruire la propria storia) ma c'è anche l'esperienza della natura che ritrova la forza di rigenerarsi.

So che è una banalità, ma mi sembra una constatazione importante: a prescindere dalla sensibilità religiosa è possibile accogliere il risveglio della vita intorno a noi. Succede anche quest'anno: nonostante le incredibili sofferenze e sconvolgimenti a cui noi uomini abbiamo sottoposto il nostro pianeta, la natura è ancora capace di regalarci lo spettacolo della rinascita. Spero di non perdere mai la capacità di accorgermene.

Poi, per me, che ho giocato a basket ed avvicinato diversi giovani allo sport di squadra, il passaggio è il gesto tecnico che trasforma una somma di individui in un gruppo.

In una società sempre più sgretolata, imparare a fare il passaggio giusto agli altri perché possano realizzare il proprio punto è un atto rivoluzionario: è lo stesso cambio di prospettiva del costruire attorno ad una pietra scartata dai costruttori.

Infine, nell'ultimo “foglietto” dovrebbe esserci il passaggio di consegne a chi continuerà questa bella avventura. La “campagna acquisti” da parte della Redazione prosegue fino a settembre: perciò la rubrica va in pausa in attesa di novità autunnali. La curiosità arricchisce i miei ringraziamenti.

Un abbraccio.


 

21 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n. 70

Scrivo in una rubrica del settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio ormai da 3 anni e 2 mesi: una bellissima esperienza che sta per finire. Mi sento un po' come Forrest Gump: dopo aver corso per 3 anni, 2 mesi, 14 giorni e 16 ore si fermò e disse: "Sono un po’ stanchino". Anch'io mi fermo e sono un po' stanchino, ma il vero motivo è un altro e lo si potrà leggere nel "Foglietto in tasca n. 70" (il penultimo). Il testo è disponibile qui di seguito.

"Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio e io non ho opposto resistenza"

Questo “Foglietto in Tasca” è il penultimo che scrivo: a Pasqua interromperò la mia collaborazione con “La Voce di Ferrara-Comacchio”. Il motivo è semplice: ho deciso di candidarmi in una lista alle elezioni comunali. Non voglio, perciò, che si possano creare ambiguità di ruoli fra chi assume una posizione “di parte” e chi propone riflessioni più o meno profonde sul settimanale cattolico: io spero di essere sempre me stesso ma non voglio mettere in imbarazzo nessuno.

La volontà di mettermi al servizio, che mi ha spinto a tentare di scrivere qualcosa di sensato ogni settimana, è la stessa che metto alla prova nel campo della politica (che già Paolo VI ha definito “la più alta forma di carità”) per il bene della mia città: so benissimo che si tratta di stare dentro a conflitti e posizioni che inevitabilmente possono venire fraintese e strumentalizzate.

Il 29 gennaio 2021 ho ereditato le “Fantasticherie sul Vangelo della domenica” e ne ho scritte 62. Poi a settembre del 2022 è nato “Il Foglietto in Tasca” che raggiunge 71 uscite. In totale 133 pezzi da 1.500 caratteri l’uno: 199.500 caratteri che si possono arrotondare a 200.000. 
Ogni battuta di queste 200.000 è un grazie a chi mi ha sopportato ed accompagnato: sono tre anni che mi hanno aiutato a scavare un po’ di più nella Parola, con la consapevolezza dei doni e dei limiti che incontro ogni giorno.

Spero di non opporre troppa resistenza a Dio che mi apre l’orecchio.

18 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.69


Questa settimana la frase che avevo già scritto sul foglietto (che tenevo in tasca) mi ha fatto compagnia in una  sala d'aspetto della sanità pubblica.
Quasi una "presa diretta" sulla realtà, senza filtri: con la voglia non tanto di cercare risposte quanto di fare le domande giuste.
Per chi non ha potuto leggerlo sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio riporto qui di seguito il testo: come sempre basta un minuto.

Non dovranno più istruirsi l'un l'altro, dicendo: «Conoscete il Signore», perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande - oracolo del Signore -, poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato.”

Questo foglietto è in tasca anche adesso mentre aspetto il mio turno: sono al CAU, l’ambulatorio per le urgenze non gravi. Rassicuro le mie lettrici più affezionate (le più giovani adultissime di Ponte): non è niente di particolare, altrimenti sarei andato al Pronto Soccorso. Non lontano da me una signora piange singhiozzando sopraffatta dal dolore: il compagno non riesce a consolarla a dimostrazione che la gravità non ha una definizione oggettiva.

Vorrei dire qualcosa per rincuorare lei e anche chi si lamenta dei lunghi tempi dì attesa ma ogni parola mi sembra vuota: rimango, così, a scrivere sullo smartphone. Ogni tanto alzo lo sguardo e cerco di incrociare altri occhi per lanciare almeno un piccolo sorriso di vicinanza: difficile anche quello.

La signora in lacrime è entrata nell'ambulatorio: provo a rileggere la frase che ho scelto dal libro di Geremia.

Tutte le persone qui attorno a me conoscono il Signore e i loro peccati sono già stati perdonati: chissà se lo sanno, chissà se hanno assaporato la tenerezza di un Dio che non castiga ma usa misericordia. Sento la mia fragilità, la frustrazione di non riuscire a fare altro che rifugiarmi nella preghiera silenziosa.

Tocca a me. Da qualche minuto la signora che piangeva è uscita con lo sguardo rilassato accanto al suo compagno: forse sono io che ho poca fede.


11 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.68

Una reazione al "Foglietto n. 67" mi aiuta a rendermi conto che il cervello è importante ma non va considerato più di quello che è:  secondo la mia amica Marisa (nome di fantasia) è solo un magazzino.
La proposta (accolta) è quella di riconoscere il ruolo del cuore.
Chi vuole saperne di più può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure qui di seguito.

Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.”

Puntuale come la lettera della Regione che mi segnala che non ho pagato il bollo auto dell'anno scorso (con relativo sovrapprezzo) è arrivato un commento critico al “foglietto” della settimana scorsa.

Aspettavo ed auspicavo contributi e infatti Marisa (nome di fantasia) mi ha scritto così: “Non sono d'accordo con quello che hai scritto questa settimana: non hai bisogno di svuotare il cervello, non è lì che trovano posto le cose importanti. Il cervello è solo il magazzino di prima raccolta, ogni tanto devi scremare quello che conta davvero e metterlo nel cuore: è da lì che si muovono le azioni e i sentimenti della nostra vita. Non essere troppo cerebrale e lascia che sia il cuore a guidarti: colloca lì la tua fede che, se ci credi, non è una regola ma è l'amicizia con Gesù”.

Grazie Marisa, mi hai dato uno spunto importante per gli ultimi “foglietti” che portano al termine della mia collaborazione a questa rubrica. Dopo un foglietto sul cervello potrei farne uno sul cuore e uno sulla pancia, seguendo una ripartizione molto usata nella comunicazione pubblica.

Ecco, quindi, il testo sul cuore con le parole speciali di Marisa (che ringrazio).

Alle sue riflessioni posso aggiungere che il cuore è il luogo della gratuità che va accolta nel dono di Dio: ne parla la lettera di Paolo agli Efesini. Sarebbe bello che diventasse un modo di affrontare la vita in pienezza.


7 marzo 2024

Il Foglietto in tasca n.67

Quando il cervello è pieno di cose da dove posso cominciare a fare un po' di spazio alle parole davvero importanti?
Quale criterio per individuare ciò che non è veramente necessario?
Benvenuti nel garage di casa mia, simbolo di una ricerca sempre attuale: su La Voce di Ferrara-Comacchio e qui di seguito nel "Foglietto in tasca n.67"... aspetto anche qualche consiglio.

In quei giorni, Dio pronunciò tutte queste parole:..”

Non so se è una sensazione comune: a volte mi capita di avere il cervello talmente pieno di cose da sembrare vuoto. Lo immagino come il garage di casa mia al termine dell’ultimo trasloco: tutto era stato predisposto in base a criteri precisi che, alla prova dei fatti, ha retto solo parzialmente. Così, nell’imprevisto causato da una mia distrazione, lo scatolone con alcuni quaderni di appunti personali non ha trovato posto in casa ed è scomparso tra gli attrezzi per riparare la bici, le tende da campeggio e i palloni da gonfiare.

L’ho ritrovato quando abbiamo fatto un po' d'ordine, scoprendo che non tutto è necessario. Fino a quel momento non c’era posto per altro: il mio garage, come il mio cervello ora, era “un pieno vuoto”, un luogo impermeabile a nuovi ingressi.

Così, oggi, mi chiedo: cosa posso eliminare nel mio cervello per fare posto a Dio che, dopo i due punti del libro dell'Esodo, pronuncia parole che vorrei trovassero spazio?

Faccio fatica a scegliere, tutte le realtà che mi coinvolgono mi si presentano sullo stesso piano: la famiglia, lo svago, l'impegno sociale, la cura delle relazioni, la musica, la politica, lo sport…da dove comincio?

Proverò a ricavarmi uno spazio e un tempo per andare più in profondità, sperando, come mi è capitato altre volte, di riuscire a trovare la via giusta.

Percorrerò il sentiero della preghiera, dell’ascolto, della ricerca: in più mi piacerebbe avere consigli da qualcuno dei miei affezionati lettori.



27 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n.66

Abramo torna a provocarmi con la sua storia di fiducia, viaggi, abbandono e promesse realizzate per il futuro.
Il ricordo di una canzone su di lui mi riporta alla realtà.  Dove possiamo trovare oggi il senso del viaggio? Perché partire? Abramo è ancora in giro, ai giorni nostri?
Il n° 66 del "Foglietto in tasca" si trova su La Voce di Ferrara-Comacchio e si può leggere qui di seguito.

«Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Abramo è un punto fermo nella storia e nella fede di molti popoli: il prototipo di chi si affida al proprio Dio ed è pronto a mettersi in discussione, a partire, a rinunciare a quello che possiede ed a quello che ha avuto in dono.

Mentre scrivo mi torna in mente la canzone “Esci dalla tua terra”: nel mio passato di animatore l’avevo trasformata in quadri viventi in cui le persone coinvolte ricoprivano i vari ruoli narrati nelle strofe (l'ho fatto persino coi seminaristi: ricordo con particolare emozione quel momento).

Mi ritorna una frase che mi lasciava perplesso: “Partire non è tutto, certamente c'è chi parte e non dà niente, cerca solo libertà.”

Non conosco l'autore né il contesto in cui ha scritto questa canzone: trovo, però, che non si possa sostenere che chi cerca la libertà non dà niente. Sinceramente mi sembra esattamente il contrario: credo che la ricerca della libertà sia un atteggiamento pienamente inserito nella fame e sete di giustizia, una delle beatitudini proclamate da Gesù.

Oggi, poi, non si può sminuire il senso di essere costretti a mettersi in viaggio: la migrazione indotta dalle guerre e dallo sfruttamento indiscriminato delle persone e dell'ambiente è sotto gli occhi di tutti.

Forse oggi Abramo lo troviamo fra chi affronta un viaggio spinto dalla disperazione che lo fa uscire dalla sua terra, mettendo a rischio la vita e le persone della propria famiglia.


20 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n. 65

Inizio la Quaresima nel segno della ricerca che è, secondo me, la caratteristica del cammino di fede.

E' difficile spiegarlo a chi è convinto che la fede fornisca regole certe da seguire senza partecipazione affettiva e spirito critico: è difficile soprattutto quando chi sostiene questo si dimostra inamovibile nelle sue certezze. Io so, invece, di avere tanti dubbi che mi stimolano a riflettere sulla mia vita.
Bastano 60 secondi per leggere "Il Foglietto in tasca n.65"pubblicato su La Voce di Ferrara-Comacchio  e riportato integralmente qui di seguito. 

O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita.”

Riporto per intero la preghiera (Colletta) che introduce le letture della prima domenica di Quaresima.

Non c'è pausa nella vita di fede. Sarei rimasto volentieri seduto a contemplare Gesù bambino nella grotta assaporando la tenerezza del Natale: invece devo alzarmi, convertirmi, crescere nella conoscenza, testimoniare. 
Ho scritto “devo” come se fosse una regola morale: in realtà è più corretto “posso” poiché si tratta di una proposta a cui decido se aderire o no.

Ho sempre vissuto la fede come uno stimolo a mettermi in ricerca, un cammino da imparare strada facendo con pochi grandi punti fermi e tanti segnali da interpretare. 
In positivo è un’opportunità fantastica per rimanere giovani, in negativo è la certezza di non trovare mai un punto d’arrivo definitivo.

Incontro amici che si dichiarano atei e sostengono che la fede sia una solidità granitica che anestetizza lo spirito critico: provo a convincerli che non è così ma loro (con la solidità granitica che vorrebbero trovare in me) sostengono di avere ragione. 
Non so, onestamente, se nella loro vita quotidiana hanno così tanti dubbi come ne ho io.

La soluzione a questa disputa in realtà è molto concreta ed è scolpita nell’ultima frase della Colletta: avere “una degna condotta di vita”. 
Questa, penso, è la vera ricerca, (molto pratica) che può unire credenti e atei.

11 febbraio 2024

Il Foglietto in tasca n.64

San Paolo agiva senza cercare il proprio interesse: un atteggiamento controcorrente ai suoi tempi e anche ai nostri. Anzi, i dati dell'economia mondiale e locale confermano sempre più l'idea che chi ha la ricchezza ed il potere  fa soprattutto i suoi interessi senza considerare i bisogni degli altri. 
Forse è necessario farsi qualche domanda su come ci stiamo comportando e se è possibile trovare un rimedio.
Come ogni settimana "Il Foglietto in tasca" è pubblicato sul settimanale La Voce di Ferrara-Comacchio e si può leggere integralmente qui di seguito.

...senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.”

San Paolo, in Paradiso, dopo aver riletto questa sua frase, scritta ai Corinzi quasi due millenni fa, si è preso una pausa ed è andato a fare un giro su Internet.

Curioso di vedere com'è la situazione nel mondo a inizio 2024 ha scoperto che l’obiettivo principale delle persone che gestiscono le risorse del nostro pianeta è esattamente il contrario.

Non importa se sono credenti o no, non è chiaro a quale salvezza intendano giungere: il dato di fatto è che oggi nel mondo l’1% più ricco possiede il 43% di tutta la ricchezza disponibile.

Il rapporto Oxfam esplicita che i cinque uomini più ricchi al mondo hanno più che raddoppiato le proprie fortune, passando da 405 miliardi di dollari a 869 miliardi di dollari, mentre la ricchezza del 60% più povero, quasi cinque miliardi di persone, è, al contrario, diminuita.

Poiché Paolo ha a cuore il nostro paese (dove fu decapitato) continua a leggere il report mondiale e scopre che in Italia siamo sostanzialmente allineati: il 5% delle famiglie più ricche possiede il 46% della ricchezza totale.

È così che l’apostolo delle genti ha cercato di contattare un po’ di persone che vivono attualmente sulla terra generando un’ispirazione che aiuti a riflettere sulla china in cui ci siamo infilati.

A me ha messo un foglietto (!) che ho trovato stamattina nella Bibbia proprio sulla lettura di domenica 11 febbraio 2024. Sopra c’è scritto: “Sei sicuro di fare tutto quello che puoi?”


4 febbraio 2024

Il Foglietto in Tasca n.63


Giobbe mi mette di fronte alle notti che, nella sofferenza, si fanno lunghe.
Don Alessandro Denti ,nel pieno del suo calvario, regala spiragli di vera luce. 
Per fortuna non sono solo e posso affrontare il cammino quotidiano appoggiandomi su chi ha già fatto tanta strada e raggiunto il traguardo finale.
Si può leggere su La Voce di Ferrara-Comacchio oppure nel testo riportato qui di seguito.

Se mi corico dico: “Quando mi alzerò?”. La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba.

Giobbe mi provoca, mi affascina e spaventa, mi attira e respinge: lo trovo vicino nella tragedia di vivere che incontro nei grandi drammi del mondo e nelle sofferenze del mio cammino quotidiano. Giobbe è attorno e dentro di me: lo sento racchiuso nel respiro rilassato del cucciolo d’uomo che mi si è appena addormentato in braccio alle soglie dell'alba.

Dovrei scrivere qualcosa anche questa settimana ma non trovo nulla che abbia senso di fronte al baratro del testo di Giobbe: ho solo frasi retoriche come quelle che ho appena scritto.

Per fortuna ho dei “ganci in mezzo al cielo” a cui attaccarmi: santi che ho conosciuto e che mi accompagnano con la forza della fede vissuta attraverso le fatiche e i drammi inspiegabili della vita.

In questi giorni sto leggendo “Tutto passa, solo l’amore resta” in cui ho ritrovato Don Alessandro Denti: lui può certamente aiutare me e chi legge queste righe a entrare pienamente nella Parola che ci arriva attraverso Giobbe.

Il 26 marzo 2016, pochi giorni prima della sua “morte corporale”, ha scritto alla comunità di Malborghetto:

In questa notte e giorno di Pasqua un solo augurio: le nostre ferite, le nostre fragilità possano diventare delle fessure che, nel tempo della fatica e della prova, la luce di Gesù risorto trasformi piano piano, insegnandoci ad abitarle, in nuove sorgenti di amore, di vita e di pace. Che tutte le nostre fatiche, lacrime e notti buie possano essere embrioni di lampadine per un nuovo inizio.”


 

29 gennaio 2024

Il Foglietto in tasca n.62

Massa e Meriba (citati nel Salmo di questa settimana)sono luoghi geografici, fisici, fantastici, interiori: uno stimolo ideale  per cercare, ancora una volta, il significato delle esperienze di una semplice vita di provincia. 
Meno di un minuto di lettura: La Voce di Ferrara-Comacchio questa settimana mi ha concesso meno spazio del solito 😉

Il testo è leggibile anche qui di seguito.

Se ascoltaste oggi la sua voce! «Non indurite il cuore come a Meriba, come nel giorno di Massa».” 
Ogni volta che incontro questa frase le parole Massa e Meriba mi distraggono: so che accadrà anche alla Messa del 28 gennaio.

Massa rinnoverà il senso di colpa per non avere mai studiato seriamente la Fisica. Mi perderò dietro i ricordi del Liceo, di come sia stato fantastico, per me, avere rapporti umani ricchi facendo finta di studiare. Più avanti ho scoperto di avere raccolto dei semi preziosi che ancora adesso producono frutti inattesi.

Poi andrò dietro alla suggestione del nome di un pilota di Formula Uno, o al pensiero di chi conosco che abita o lavora a Massa Fiscaglia. Chissà come stanno dopo che il nome ufficiale del loro paese ha perso proprio “la Massa” nella fusione con Migliaro e Migliarino?

Forse il giorno di Massa è stato proprio così: la gente invece di ascoltare e apprezzare il momento che stava vivendo ha inseguito i suoi pensieri e, facendo “massa acritica”, ha finito per mettere in dubbio la capacità di Dio.

Allora come ora, per fortuna, la pazienza del Signore è enormemente più forte della nostra debolezza.

Avrei voluto scrivere anche di Meriba, ma questa settimana la Redazione mi ha concesso meno spazio del solito…😉